– Ho appena ricevuto un’importante delusione. Non si tratta di questioni di ragazze, ma di qualcosa in un certo modo di più profondo, perché si tratta di un rifiuto ricevuto sull’unica cosa della mia vita su cui ho sempre confidato ad occhi chiusi: la mia capacità di scrivere e parlare. Non mi interessa discutere se chi mi ha dato questo rifiuto, un grosso editore anglosassone, abbia ragione o abbia torto. Dal momento che vive di ciò che fa, credo che conosca sufficientemente il suo mestiere per decidere se rischiare una cosa o no. Mi interessa di più capire altre cose. La prima: nella mia carriera da giornalista mi è accaduto molte volte di veder rifiutato un articolo o di dover soffrire le conseguenze di ciò che avevo scritto – ma ciò non aveva mai avuto a che fare con la mia parte più intima e segreta. Credo che il giornalismo da molti anni ormai non abbia più nulla a che vedere con la scrittura, ma sia solo una forma ipocrita e distorta della pubblicità. Stavolta invece mi rifiutano una storia, un’idea per un romanzo, i primi suoi capitoli. Non avevo mai avuto il coraggio di iniziare una cosa così perché avevo appunto paura che me lo rifiutassero e che non fossi capace di finirlo. Ora sono triste ed attonito. Non me lo aspettavo. Con gli anni sono divenuto talmente arrogante da credere di essere bravo a prescindere, invece vedo che c’è ancora tanto (troppo?) da imparare. Nei primi cinuqe minuti dopo l’email gelido e sprezzante dell’editore ho pensato nell’ordine di telefonare a una voce amica, di mangiare gnocchi all’amatriciana, di prendere una mazza da baseball ed attaccare in solitaria Casapound, di telefonare alla Radio della Lazio e dire sciocchezze offensive, di fare il bambino viziato e frustrato. Non ho fatto nulla di tutto questo. Ho scritto una nuova canzone, il cui titolo provvisorio è “Tu non esisti”. Temo che sia una malattia che non colpisca soltanto me. Oggi è difficilissimo esistere e dimostrarne la fattualità. Ci sono amici più grandi di me, della cui opinione mi importa molto, che hanno ciascuno una strategia diversa per esistere in modo efficiente e (a parer mio) valido e sostanziale. Non sono capace di essere come loro, posso solo ammirarne alcuni lati del carattere ed alcune qualità. Ma non sono più un bambino, per fortuna. Non so se proverò lo stesso a scrivere un romanzo. Forse fra una ventina d’anni, quando sarò più pronto. Forse domattina. Il guaio della scarsità dell’esistenza è che una volta garantita la sopravvivenza e la soddisfazione di alcuni impulsi animali fondamentali, il resto è irrilevante, indifferente. Una voce che grida nel deserto. Non avendo mai conosciuto quella meravigliosa cosa che pare sia l’amore, mi è rimasto il successo. Devo continuare a battermi, per la miseria.

Lascia un commento