Ci sono momenti in cui ti senti addosso ancora più anni di quelli che hai. Perché vedi l’ineluttabilità di problemi che si avvicinano e che non sai come affrontare, e scopri che chi ti sta intorno non si accorge del pericolo. Perché ti accorgi che potresti non avere la forza di affrontare di nuovo un dolore già noto prima che si manifesti. Perché ti guardi allo specchio e non riconosci il ragazzo che ancora sei nel cuore. Perché scopri che la paura del futuro viene lentamente sostituita da una certa rassegnazione. Perché. Ma il mio vittimismo, che mi accompagna da sempre, mi annoia sempre più. Le cose sono come sono, i treni non tornano più. L’impressione di aver buttato via troppo tempo non serve a nulla. Di colpo, come per miracolo, mi accorgo che la coscienza di stare per soffrire è il segno che sono ancora vivo, come cantavano i Nine Inch Nails di “Hurt”. Per coloro che sono andati, o stanno per andarsene, non serve un addio. Tornano tutti, non appena è troppo tardi, perché tutti noi, in questa vita “moderna” fatta di porte girevoli, quando ci accorgiamo di aver fatto una scemenza cerchiamo di tornare indietro, illudendoci che la seconda volta saremo più efficienti. Ma non importa nulla. Conta solo esserci. Ed esserci significa trasudare amore e rabbia, un tenace bisogno di gridarsi, e guadagnare così il diritto a dormire, perché giusti non saremo più, ma di sonno ne abbiamo abbastanza per i prossimi milioni di anni. Non possiamo dormire, perché sappiamo (bambini eterni che siamo) che se ci voltiamo un solo attimo la realtà e gli affetti scompariranno, e non sapremo più chi siamo, ma solo cosa, e non sarà un bel vedere.

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