Oggi è l’onomastico di San Nonno. Una festa introdotta da poco più di dieci anni, mentre negli Stati Uniti, dove qualunque occasione per vendere cotillons è buona, la festa è stata dichiarata da Jimmy Carter, nel 1978. Eppure ne ho piacere, perché negli anni del benessere sfrenato, gli anziani erano finiti nel dimenticatoio: superati dalla tecnologia, dai rivolgimenti della morale, dalla pressione sociale che obbliga ad essere giovani e scattanti almeno fino a 90 anni. I nonni, diciamolo, rompevano i coglioni, sono come un cane ammalato che non sai dove mettere quando vai in vacanza e straparlano di cose di cui non sanno nulla, oppure brontolano come pile di fagioli. Io, invece, ho avuto quattro nonni estremamente importanti. Nonna Ué, la mamma di mia mamma, era una signora americana che parlava un italiano in cui la R era non solo una consonante, ma sostituiva molte vocali ed esprimeva diversi stati umorali. Una donna fortissima e fragile, piena di entusiasmi, che mi ha portato con sé in dei viaggi che mi hanno aperto la testa, che mi ha insegnato a bere il thè, che aveva una percezione aristocratica della vita in un modo non aggressivo. Leggeva moltissimo cose interessanti, ma non se la tirava. Suo marito, Nonno Enzo, ce la mise tutta ad influenzarmi, mi spingeva a scrivere, mi insegnò (e permise) ad usare la sua Olivetti monumentale, aveva pubblicato diversi libri, uno dei quali, “La bella avventura” raccontava la sua fuga da un campo di prigionia in Serbia ai tempi della Prima Guerra Mondiale, mi è sempre piaciuto. Dopodiché aveva opportunisticamente aderito al fascismo, e la cosa lo aveva spezzato. Mia Nonna Emilia era una popolana romana, quella delle belle canzoni salvate da Lando Fiorini, una donna dell’800 che aveva combattuto tutta la vita, cercando di restare ferma sui suoi principi, mentre suo marito, Nonno Sesto, che tutti abbiamo sempre chiamato Ziononno, era una personalità straordinaria, un uomo di una forza sovrumana, di un egoismo ferreo, eppure pieno di carisma, cresciuto in una lotta vera e terribile per sopravvivere, e quindi temprato come nessuno. Un uomo che ho adorato per la sua saggezza, e che solo più tardi, quando io e mio padre, che siamo oggi quasi coetanei, siamo diventati amici, ho cominciato a guardare criticamente. Oggi so ciò da cui, in gioventù, mamma e papà mi avevano protetto. E questa è la chiave per avere dei nonni spettacolari, salvifici, che ti raccontano di ciò che fu in modo che sia attuale, che siano solidi nei momenti difficili. Il resto si impara dopo, perché mio padre, con tutti i suoi limiti ed errori, mi ha insegnato a fare il padre, perché lui, finché ha potuto, lo è stato. Non ha cercato di essere mio amico, ha cercato di insegnarmi a sopravvivere, così come lo aveva imparato lui. E qui arriviamo alla festività di oggi. Le cose sono profondamente cambiate. Contrariamente a quanto pronosticato 40 anni fa, ad estinguersi non sono stati i nonni, ma i padri. Non ci sono più genitori capaci di essere tali, ma solo bambocci che hanno bisogno dei figli per socializzare, perché sono soli e disgregati, e dei nonni per campare, perché non guadagnano abbastanza per acquistare la loro indipendenza. In Italia, una famiglia su cinque vive delle pensioni dei nonni, tendenza crescente. Ma soprattutto sono i nonni a crescere i figli, perché le famiglie si sfasciano, perché entrambi i genitori vanno a lavorare e vivono il loro tempo libero come un’eterna pubertà. Ben venga la festa dei nonni, ma con un dubbio. I nonni di oggi sono quelli che hanno cresciuto la generazione di bambocci infantili che oggi ha 40 anni. Vi pare una buona idea dare a loro, peraltro stremati, la responsabilità di addestrare anche una nuova generazione? Proprio loro, che non sono stati capaci né di allenare, né di proteggere i propri figli, viziandoli per pigrizia e per mancanza di maturità e consapevolezza? Loro che hanno coinvolto i propri figli, usandoli come terapeuti, nei propri disastri esistenziali? Quindi non mi lascio festeggiare, anche perché ho commesso errori imperdonabili con mia figlia, ma che pago con un equilibrio che non pensavo che avrei avuto. E per la strada della vita ho incontrato tanti bimbi senza papà. Spero che, almeno per loro, io sia stato un Nonno positivo. Volevo essere un hippie. Sono riuscito ad essere un Nonno dei Fiori.

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