Sono ancora sveglio e non dovrei. Chissà quante volte, ognuno di noi, si è detto lo stesso. Appoggio la testa sul cuscino e mi accorgo che ho il viso verso la finestra, come sempre. Prima perché cercavo, almeno di notte, di sfuggire alla realtà di un corpo estraneo a pochi centimetri da me. Ora per non vedere che, accanto a me, non ci possa essere nessuno. Siamo bravissimi a trovarci commoventi, proprio là, nei momenti in cui altri ci troverebbero fastidiosi e ridicoli, e questo va bene, ho già impastrocchiato di me troppo di questo universo, la marmellata calda e zuccherosa del mio vittimismo la raschio via al risveglio, ma adesso è la benvenuta. O meglio: sarebbe la benvenuta, se fosse la stessa di prima. Manca una cosa fondamentale: l’energia. Prima vegliavo perché ero pieno di esplosivi rimbombanti, di cose da fare, di preoccupazioni e insicurezze, di sogni ad occhi aperti, di rabbia, di rimpianti. Ora sono sveglio per stanchezza, e non ho più la malinconia, che da sempre è una dedica a chi c’è o potrebbe esserci. Da soli, la pietra è dura e fredda come nella realtà, ma è anche solida e sicura. Penso a coloro cui voglio bene, e che credo che stiano combinando guai pericolosi, ed ho imparato a lasciar fare, a non voler imporre una mia supposta saggezza, che faccio ridere a sostenerne l’esistenza. Da quando ho smesso di cantare da un palco la mia distanza tra me e tutti è cresciuta, non diminuita, perché ho imparato a rispettare gli errori altrui, che hanno rispettato i miei. Quando mi accorgo, leggendo i pensieri di qualcuno, di essere più colto e più consapevole, non provo nessuna soddisfazione. Non ci vuole nulla ad esserlo, ed io sono stato costruito per essere performante e competitivo, e fin da piccolo ho imparato a nascondere i miei successi, non le mie disgrazie. Si viene accettati meglio, e non si rompe tanto le scatole al prossimo. La vita ha messo per tre volte qualcuno sulla mia strada, che sarebbe stato capace di accompagnarmi. La prima volta ero troppo piccolo, e lei pure, anche se era leggermente più grande. La seconda volta, per paura, sono scappato io. La terza volta, quando finalmente sarei stato pronto, lei ha deciso che fosse immorale il solo pensarlo. Sicché, a quest’ora, siamo entrambi svegli, a 300 km l’uno dall’altra, e non possiamo parlarci. Ma non sono triste. Anzi. Stavolta sono davvero sveglio. Sveglissimo. Solo tanto tanto tanto stanco.

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