In TV e sui giornali parlano alcuni esponenti delle Brigate Rosse. Tanta gente si indigna, tanta applaude. A mio parere hanno ragione entrambi, se avessero ammazzato mio padre, io non avrei perdonato, e lo riterrei un mio sacrosanto diritto. Dare un microfono in mano ad un brigatista, però, significa dare a tutti una possibilità di capire meglio. Sono assassini, e per questo hanno pagato quanto stabilito dalla giustizia dello Stato. Hanno pagato. Restano degli assassini, certo, ma sono anche testimoni di un momento fondamentale della nostra storia. Se volessero candidarsi al Parlamento, glielo vieterei. Ma se mi raccontano la loro esperienza, mi aiutano a capire, questo non mi spinge a prendere una P38 in mano e scaricarla in faccia a chi mi è antipatico. Se Barbara Balzerani insulta i parenti dell’eccidio di Via Fani, allora dice una cosa esecrabile, ed è giusto infuriarsi. Ma perché ha detto quella cosa, non perché parla. Noi permettiamo da decenni a persone schifose e dannose per la società di andare in TV e gridare come pazzi, e ne facciamo degli eroi positivi. Prospero Gallinari è andato in TV ed ha raccontato come si sentisse ed in cosa credesse, e di fronte aveva un giornalista che faceva domande serie. Di questo abbiamo bisogno: di capire. Ma se oggi l’informazione è diventata il brunettismo (ovvero gridare sempre la stessa frase per minuti interi per impedire un dibattito), Sgarbi che dice parolacce, Busi che specula sulle mutande di una parlamentare e Berlusconi che mima la sodomia di una vigilessa, allora la signora Balzerani fa parte di un grande circo dell’orrore, e mi verrebbe da dirle: Barbara, non lo fare, non ti immischiare. Anche se trovo mostruoso ciò che hai fatto, difendi la tua dignità. E cerca di tenere la bocca chiusa, perché gli anni di galera non fanno di te una martire, non giustificano la tua arroganza. Io voglio capire, non essere ricoperto di melma circense. Quando ho organizzato, a Zurigo, l’incontro tra membri delle Brigate Rosse e delle RAF, non abbiamo fatto entrare la TV. Ci siamo seduti intorno al tavolo, loro hanno raccontato, noi abbiamo fatto domande, poi abbiamo litigato, perché crediamo in cose diverse, ed io considero l’omicidio inaccettabile, intollerabile, ingiustificabile. Alla fine mi sentivo grato di aver potuto accedere alle loro esperienze, e non sono divenuto un terrorista. Io ci tengo a capire, e non mi bastano le bugie di Stato.

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