Ricordo che attraversammo un lunghissimo ponte sul Niger, che andava quasi a zigzag, e che mi sorpresi vedendo quanto verde, e quante case enormi, e quante piazze con porte e monumenti. Avevo gli occhi gonfi di commozione, che (per chi non la conosce) è una parola sinonimo di Africa. Andammo a dormire nel quartiere al porto e gli odori erano quelli di sempre, che per tutta la vita, quando li incontri, ti dici appunto: Africa. Se non l’ami, allora non sei pronto per l’immensità. Ricordo che avevo mal di testa e mangiavo un frutto nella piazza di fronte all’enorme moschea, e pensavo che i film di fantascienza che mi salivano alla mente dovevano certamente averli girati laggiù, a Bamako, la capitale di un regno ricchissimo e millenario, in cui la lentezza suggeriva solo un senso: eternità. Pensai: anche se dicono che stiamo per investire miliardi in infrastrutture, quaggiù non cambierà nulla. Loro resteranno meravigliosamente belli ed alieni, ed un giorno tornerò qui a stupirmi per la bellezza e la serenità. Di guerra nessuno aveva mai parlato, e perché poi… invece abbiamo sporcato tutto, anche questa isola di Maestà. Ora guardo le immagini dell’attacco e sono così incommensurabilmente triste… Solo poco tempo fa, ho immaginato, i Re del Mali devono aver incontrato i generali dell’Impero Romano (quasi tutti nordafricani e mediorientali) e devono aver pensato di loro che erano gentaccia. Non siamo migliorati. Portiamo ovunque le nostre chiacchiere di libertà e progresso, e poi andiamo a spararci come polli isterici anche nei luoghi in cui dovremmo andare come turisti rispettosi, a capo chino. Bamako, meraviglia del silenzio e della sua musica così speciale ed elegante, ti hanno ferita ancora. Ma la Tua lentezza resta, è parte della Maestà. Chi uccide in nome di Allah o di qualunque altro Vitello d’Oro (basta vedere la sede della Banca d’America…) non è solo un cinico ed uno schifoso, è anche qualcuno a cui la bellezza fa paura. Ma Bamako sarà ancora lì quando l’orrore e l’oblio avranno cancellato me, voi, Da’esh, il capitalismo, le cavallette che vengono dal Mediterraneo e che della loro passata grandezza ricordano solo la forza distruttrice. Piango di tristezza e rabbia, di stanchezza e paura. Ed a Roma chiudono la metropolitana. Stiamo impazzendo. Tutti.

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