Vellutata di muffa con licheni di Akranes. Un piatto spietatamente islandese, direi. E poi melone stagionato del 1870 con frammenti dei filacci degli elmi dei bersaglieri che in quel 20 settembre sfondarono a Porta Pia. Dulcis in fundo, melanzana stramazzata alla bava di lumaca con le olive taggiasche. Insomma, una giornata da dimenticare. Anche perché Verena sta per andarsene, e si vede, il suo atteggiamento è cambiato, il suo è il sorriso degli ultimi giorni di mare prima del ritorno a casa, quando la tua anima è già ripartita e vaghi senza appartenenza tra le rovine dei bei giorni. Niente marijuana nel nasiluvio, una brevissima telefonata con Barbara per peggiorare il mio umore, sicché ho deciso di non leggere i quotidiani. Mi sveglio, faccio i miei trattamenti, pilucco, faccio la cyclette e qualche attrezzo a sbalzo, lavoro, sbocconcello la cena, scrivo, lavoro. Oramai la mia esistenza ha preso un ritmo talmente regolato da essere al contempo rasserenante e spaventosa. Ma non ho fame, per fortuna, e mi rendono euforico i miei successi col peso. Nel frattempo il Gange si è riempito di cadaveri. Il gruppo napoletano è stato annientato dalla direzione del centro: le ragazzine che svenivano sono state rimandate a casa. Si rifiutavano di mangiare senza sale, dicevano che la loro mamma mai e poi mai avrebbe osato metter loro un piatto del genere davanti agli occhi. Parlavano di vestiti, di Canarie, di gioielli, di personaggi del Grande Fratello: l’Italia che andrebbe annientata. Altro che la Casta, sono questi gli italiani di cui non abbiamo bisogno. E San Marino infatti li rimanda oltre le frontiere. Il circolo delle gianduiotte ha quindi riconquistato il palcoscenico, per giunta con una scena da sceneggiata napoletana. Una delle gentildonne ha ricevuto una telefonata ed è svenuta. Sostiene che le avrebbero svaligiato casa e le avrebbero rubato diamanti per 1 milione di Euro ed un cassettone dal valore di 325mila Euri. Le altre oche hanno iniziato a controbattere con il presunto valore dei loro gioielli, dei loro appartamenti, dei loro quadri, dei loro vestiti, dei loro mobili. Naturalmente, quando ne hai veramente bisogno, non ci sono militi della Guardia di Finanza a portata d’orecchio. Questa conversazione è degenerata in una lite, e da lì si è passati alle mani. Uno schiaffo, uno solo, poi lacrime e grida. Anche in questo caso la direzione della struttura ha invitato quattro delle gentildonne a lasciare l’hotel domattina. Peccato. Niente più esibizioni in nokini. Diabbolik resta, era nella squadra delle vittime del massacro. Oggi spiegava ad alta voce che il fatto che un tale, identificato dal DNA come il possibile assassino di una ragazzina, stia facendo la custodia cautelare da due mesi, rende insicure le borse internazionali e per questo motivo lei ha deciso di vendere le azioni della Banca IntesaSanPaolo che aveva in portafoglio. Ma nessuno ci casca più. Nessuno le chiede quanti soldi avesse investito e da quale dei suoi innumerevoli amanti avesse raggranellato quella sommetta. Sta davvero finendo l’estate, il tempo vola e non lo si può fermare. Ho chiesto a Verena del quarto piano, lei continua a sostenere che non esista, persino quando sono divenuto un po’ brusco lei ha mantenuto la sua versione dei fatti. Comincio a credere che non ne sappia nulla, dato che è confinata alla reception durante le sue ore di lavoro. Sicché ieri notte ho deciso di ritornare di sopra. Merda. A metà della rampa di scale c’era una catena (nulla che non potessi scavalcare anch’io) ed un cartello: si ricorda ai gentili ospiti che è severamente proibito entrare in questo settore dell’edificio. Il che vuol dire che l’uomo in divisa, dopo essermi venuto dietro per le scale, ha parlato. Il che vuol dire che il nemico si sente forte e nel giusto. Il che vuol dire che al quarto piano è in atto un’operazione segreta degli Americani, della LegaNord o dei Jihadisti afghani – tutta gente che crede sempre di essere nel giusto, specie quando sbaglia. Scavalco. Ovvio, no? Ma con chi si credono di avere a che fare? Siamo uomini o caporali? Però stavolta faccio attenzione, perché la stanza intermedia è illuminata. Non c’è nessuno, ma è illuminata. Da dietro la porta si sente il pulsare della macchina e l’odore di tela surriscaldata. Che faccio? Passo? Provo? E se venisse qualcuno? Ve lo immaginate Paolo Fusi che scende a rotoloni le scale inciampando sulla catena e spiaccicandosi formagginamente sul pianerottolo del terzo piano? Non sono un vigliacco, mi mento. Sono un uomo di 54 anni che a quest’ora dovrebbe essere a nanna. Riproveremo domani. Come diceva Rossella O’Hara, domani è un altro giorno. Come diceva Francesco Guccini, la sua musica è finita. Come diceva mio nonno, quando dici troppe sussiegose scemenze vuol dire che parli da solo e sei matto. Meno male.

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