Il rapporto tra vita e passione politica è cosa complessa e delicata. Ho sempre amato il film “Una vita difficile”, con Alberto Sordi e Lea Massari, proprio perché mostra, nell’arco di 15 anni, come siano cambiate le cose e le persone, e quanto sia caro restare attaccati ai propri principi. Ma queste sono cose che, oggi, si vivono in modo diverso, andando ad aiutare come medici o altro nei Paesi in via di sviluppo, o facendo cose grandiose, solo all’apparenza piccine, come il mio amico Adriano Liloni, che si mette in gioco, con il suo ristorante, per persone cui la vita ha sbattuto la porta in faccia. Per fortuna, oggi, finita la pagliacciata dei consociativismi convergenti (DC-PCI), e grazie anche ai social networks, se vuoi fare una cosa bella e pulita la puoi fare, e così sia. Contemporaneamente, e proprio perché l’essere umano, per natura, è pecorone, ci sono sempre state le mode. Come quella dei Teddy Boys (intendo la versione becera italiana, descritta dell’omonimo film del 1959 con Elio Petri e Leopoldo Savona). Gang di ragazzini ignoranti, insicuri, persi, non “poveri ma belli”, ma aspiranti anime dannate, che poi diventano sistema, come cantano i Gufi (https://www.youtube.com/watch?v=x-b9HaATVWY). Questa moda ha il suo pendant apparentemente snob ed intellettuale, di perbenisti superficiali ed infingardi, che parlano difficile e straparlano di filosofie. Gaber ha costruito loro un monumento con “Al Bar Casablanca” (https://www.youtube.com/watch?v=bX8WhRbNHTA). Negli anni successivi questa moda della borghesia ha trovato una nuova espressione, quella che i tedeschi chiamano la Toskana-Fraktion, ovvero i piccolo borghesi che amano (a parole) il proletario, ma ancor più artisti banali e stracelebrati, vini e cibi ricercati, e la mollezza bucolica: i radical chic, che hanno appestato quasi un quarto di secolo: scusatemi, ma in quel mondo non vedo differenze tra Bertinotti, D’Alema, Cacciari, e giù giù fino al povero Adriano Sofri, che ha fatto la galera per un crimine non commesso, novello Rugantino che, per non perdere la faccia, ha pagato una colpa altrui. Adesso tutto questo sta finendo. Torniamo indietro, la Grande Ruota della Storia deve completare il cerchio. Oggi il piccolo borghese ipocrita, cinico ed apparentemente impegnato è passato per Berlusconi, ed ha disimparato l’italiano, usa oltre la metà delle parole fuori dal loro contesto di significato. Stasera ne ho sentita un’altra, l’ennesima: la politica, ovvero la via per prendere decisioni, oggi si chiama “policy”, mentre la politica occupa il campo semantico che prima veniva chiamato “intrigo”. Quest’ultima è una parola difficile, viene dimenticata. Dopo gli anni dei Radical Chic, ora è il tempo dei Radical Truzz: persone volgari, violente, ciniche, che rifiutano di imparare, che rigettano le esperienze altrui e vogliono ripetere tutto, guerra e dittatura compresa, perché non sanno cosa siano e non ne hanno più paura. Mi viene rimproverato di non saper dialogare con costoro, gli eroi del politico che è personale, che insultano e minacciano di morte, tranne poi piagnucolare se qualcuno fa notare loro alcune contraddizioni, che credono che le cose accadano semplicemente dicendole, e se ne fregano delle conseguenze, da cui sono anche offesi. Il Radical Truzz è l’eroe negativo del giorno d’oggi, metà Scaramacai, metà Superciuk, che pretendono a prescindere dalla prestazione e considerano qualunque impegno una fatica intollerabile. Ruttano anche quando cercano di stare zitti, non resistono alcuno stimolo, e ne sono fieri. Mi fanno una paura che non immaginate.

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