– Dal 1994 in poi Silvio Berlusconi, nella sua brillante capacità di cambiare il senso alle parole e semplificare fino alla cancellazione del senso ogni termine specifico, ha usato la parola “comunista” per definire chiunque non fosse d’accordo con lui. Vent’anni dopo la popolazione italiana, che come 150 anni fa si ostina a non voler imparare la lingua costruita dalla commissione filo-monarchica di Alessandro Manzoni e poi fissata dalla scuola gentiliana, usa il termine “comunismo” per descrivere cose diversissime e strampalate. A tutti voi che avete bisogno di identificare un nemico, ora che non è più chic avercela con i negri e gli giudei: in Italia il Comunismo non c’è mai stato, ed il PCI di comunista ha avuto solo alcuni scritti gramsciani. Togliatti è stato un populista pragmatico, Amendola un uomo di profonda intelligenza e cultura (un laico borghese), Spinelli è stato un europeista (più vicino al PRI lamalfiano che al PCI pre-Berlinguer), Berlinguer un democratico ed un consociativista, quelli che sono venuti dopo sono divisi tra sciocchi, vanesi, buffoni e banditi. L’unico dato che hanno in comune è una profonda ignoranza persino per la propria sottesa provenienza politica, filosofia e culturale. In Italia il Comunismo è impossibile. Vediamo perché. La caratteristica fondamentale del comunismo realizzato è la teoria collettivista che abroga la proprietà privata. Vedete qualcuno, in quella che chiamate sinistra, ed intendo anche vecchi extraparlamentari come Capanna, Deaglio, Boato, Bertinotti, che sia a favore della cancellazione della proprietà? Il comunismo prevede che la produzione industriale sia concentrata nelle mani dello Stato, ma non nel modo in cui credete voi, che quello è il consociativismo cattolico creato da Alberto Beneduce quando, aiutando Mussolini, creò l’IRI e salvò in un colpo solo le banche e le industrie, quasi cento anni fa. L’economia industriale comunista (che personalmente aborro perché non efficiente) prevede complessi piani quinquennali di produzione che obblighino la popolazione ad avere bisogni standardizzati e nessuna flessibilità in caso di progresso tecnologico. Lo scopo è quello di costruire una “Preisbildung” (una politica dei prezzi) che aiuti i poveri senza danneggiare i non poveri, spostando il peso dei costi di produzione delle merci di base (acqua, casa, elettricità, cibo, medicine e combustibile) su quelli considerati di lusso. Da noi l’unico che abbia tentato di andare in direzione di una sensata (e certo non comunista) politica dei prezzi è stato il PRI di Ugo La Malfa, prima che Giovanni Spadolini lo snaturasse. Ma la cosa fondamentale è questa: Marx ed Engels scrissero che il presupposto del comunismo è la presa di coscienza e poi del potere del proletariato, che è l’insieme dei cittadini che vive vendendo il proprio lavoro e non commerciando beni o proprietà. In Italia persino i più poveri comprano casa ancora prima di imparare ad usare forchetta e coltello. E va bene così. Ancora un punto chiave: da Bakunin in poi l’idea è che si arrivasse al più presto alla dissoluzione degli Stati nazionali – il contrario di ciò che vogliamo noi tutti, e specialmente gli stalinisti. Non più Stato, ma nessuno Stato, solo un accordo suggellato sulla consapevolezza di appartenere al genere umano solidale e condividere un mercato di scambi tra forza lavoro e merci che vada egalizzato e solidarizzato. Il contrario di quanto vogliono da sempre gli Italiani, che si dividono tra coloro che si sono battuti e sono morti per avere l’Italia e coloro che vogliono dividerla in coriandoli territoriali per poter tornare alla dominazione medievale, come la Lega Nord. Smettetela quindi di parlare di comunisti. Sapete perché questa cosa è gravissima? Perché usando la parola “comunismo” in modo sbagliato e mendace cancellate tutte le conquiste positive di un costrutto di critica interna al capitalismo che oggi è ancora valido e viene generalmente usato da tutti i banchieri, specie coloro che fanno riferimento a Keynes. Imbrogliare le carte e trasformare la critica marxista al capitalismo uccide una delle pochissime possibilità residue di riformare in chiave efficiente ed umana un sistema distrutto dalla fine dell’era industriale (1971). Chi confonde la parola “comunismo” con le minchiate di Silvio Berlusconi o è un fascista, o uno stupido, ma comunque è uno che compromette le pochissime speranze di salvezza del sistema capitalistico. Leggete Piero Gobetti. Leggete Piero Gobetti, un liberale. Leggete Piero Gobetti, maledetti, che vi amo e vi odio come amo ed odio me. Salviamoci insieme, che stiamo affogando nella melma dell’ignoranza violenta e becera del piduismo berlusconista e post-berlusconista. Leggete Piero Gobetti. leggete Piero Gobetti. Ed alla fine, quando siete pronti. leggete Ugo La Malfa. Vi prego.

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