La decisione di Martin Schulz, da quattro anni Presidente del Parlamento Europeo, di candidarsi alle elezioni federali del settembre prossimo, è un segnale ulteriore (a mio parere) di una commistione sempre più chiara ed evidente tra CDU (i democristiani di Angela Merkel) e la SPD (i socialdemocratici dell’ex responsabile degli eventi pop ed ex portiere di notte Sigmar Gabriel). Alle ultime elezioni la CDU uscì con una chiara vittoria ed arrivò a pochissima distanza dal poter guidare la Germania con un monocolore. La SPD uscì da quel voto stroncata, scesa al 30% dei seggi – una tendenza proseguita a livello di Länder in tutte le elezioni locali seguite al settembre 2013. Il motivo è chiarissimo. La SPD non ha una vera e credibile linea politica, e non ha dei leader che incutano meno che diffidenza nell’elettorato. Dopodiché, negli ultimi due anni, la crescita esponenziale degli anti-europeisti (esponenti del darwinismo economico) della AfD, ha messo in pericolo la sussistenza dei socialdemocratici come secondo partito. In molti Länder, specie nell’Est, i loro elettori sono i famigli dei beneficiati delle loro posizioni di potere, ed il livello del dibattito interno è sconfortante. La SPD, dopo la fine degli anni di Gerhard Schröder, che coraggiosamente impose al popolo tedesco una politica di ristrettezze e tagli severissima, non ha più trovato un senso alla propria esistenza, ed infatti i Verdi da Destra e Die Linke da sinistra hanno costantemente eroso i consensi del partito ad ogni livello. Questa volta la posta in gioco è ancora più alta. Se la SPD, come si immagina, cadrà ancora più in basso, e verrà superata al secondo posto dall’AfD, e tutto ciò venisse accompagnato da una flessione della CDU, i democristiani bavaresi (CSU), estremisti di destra, vorranno una coalizione con Frauke Petry – una che è talmente di destra (e talmente populista) che persino il fondatore del suo stesso partito, Bernd Lucke, una volta sconfitto nel congresso, ha preferito lasciare la formazione politica. In questo quadro la candidatura Schulz, un convinto Europeista, prelude alla sua nomina, in un governo di coalizione, a Ministro degli Esteri. Chiunque sarà il candidato SPD (si dice Gabriel, ma non credo che costui sia così stanco del proprio potere…), Angela Merkel conta su di loro per avere alleati fedeli in un quinto cancellierato che si preannuncia il più difficile di tutti. Non crediate a tutto ciò che vi dicono della Germania, anche se è vero che (statisticamente) la media dei cittadini ha più soldi a disposizione dei nostri e la disoccupazione è di molto minore: moltissimi sono lavori detti ABM, onorati con un Euro all’ora, e poi sorretti dalla Cassa Disoccupazione. La riconversione delle grandi zone industriali abbandonate nella Ruhr non è mai stata completata, e l’export tecnologico ed industriale, sospinto dalla forza politica di Berlino, non riesce più a nascondere la cattiva qualità dei prodotti – come si è visto nel Dieselgate. Ma soprattutto: la maggior parte dei soldi che entrano finiscono nella voragine di debito creati dalla Deutsche Bank e dalle altre banche generaliste. Per noi tutti la decisione delle elezioni in Germania avrà delle conseguenze addirittura superiori a quelle degli Stati Uniti. Per questo lo sviluppo della campagna elettorale va osservata con grande attenzione, ed un filino di sana preoccupazione.

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