– Fino al 3 marzo a Milano va in scena Maria Laura Baccarini con lo spettacolo “Gaber, io e le cose”, e già dal titolo, chi mi conosce sa perché ne parlo. ma qui non si tratta del fastidioso scimmiottare di Neri Marcoré o di un evento celebrativo, no davvero. Ricordo di aver visto questo spettacolo per caso, nell’estate del 2011, avendo una sera libera lontanissimo da tutto, essendo particolarmente triste e preoccupato. Ricordo che Maria Laura Baccarini aveva con se soltanto un violinista ed una scarna base elettronica che mi ricordava la musica francese di un decennio fa. Ricordo che ero pronto ad odiarla, a considerare uno stupro ed un insulto qualunque cosa le avrebbe fatto dei testi sacri. Nessuno può imitare Giorgio Gaber, se non da solo, davanti al fuoco, per pochi amici in una notte speciale. Maria Laura Baccarini mette in scena anche la notte speciale, la solitudine efferata e snaguinante di Loreena McKennitt ma senza quella voce esagerata da aliena. Maria Laura Baccarini è una Mariangela Melato che, con il piglio di una militante del partito dei sentimenti controversi, che purtroppo non c’è, invece di gridare srotola le frasi, le parole, dando loro una nuova metrica, sottraendo, sottraendo, sottraendo proprio là dove credevamo che Gaber fosse arrivato al nocciolo duro ed indivisibile del dolore, ed inventa una nuova inaccettabile allegria: ci dice che siamo ammalati, perché sappiamo, ricordiamo, ma non possiamo fare altro. Esistere con questa coscienza dentro, che ti nutre e ti divora al contempo, che ti riempie di slanci e ti trattiene nelle passioni. Col viso coperto di lacrime, come al solito di fronte a tanta bellezza, sono uscito prima della fine. Per credere che altrove, uscito io, Maria Laura Baccarini continuasse, per sempre, a ricordarmi che sono vivo, e perché. Andateci, ve ne prego.

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