Una mia amica, oggi, mi parlava di fiducia – o, meglio, della sua mancanza. Sta per partire per una lunga assenza e teme che in quel periodo una persona particolare le volti le spalle. Si rendeva conto del fatto di non essere nemmeno riuscita chiaramente ad esprimere questa sua paura con lui. Mancanza di fiducia. Allo stesso tempo, sempre menzionando la stessa persona, parlava di fede, speranza, ed altre cose che conosciamo tutti. La contrapposizione tra fede e fiducia, tra amore e fiducia, tra intimità e fiducia, mi hanno colpito molto. Forse perché conosco chi costruisce apparenti storie d’amore solo ed esclusivamente con persone di cui non si fida, con cui la costruzione di una futura intimità è compromessa da subito dalle troppe bugie ed omissioni, puntando tutto su una fede superstiziosa e sull’attrazione fisica. Mentre la seconda cosa la capisco e mi sembra condivisibile, l’altra è strettamente attinente alla costruzione di una sfiducia totale. Si dice che il nuovo abbia usato “tattiche efficienti” ed abbia saputo “evitare le mie resistenze sorprendendomi continuamente”, ma alla richiesta di spiegare in cosa consistessero queste tattiche e mosse a sorpresa, ci si accorge che il potere dell’autosuggestione e della proiezione sono esattamente le stesse forze che ci spingono a scrivere sulla schedina che, in barba a tutto, il Carpi vincerà in trasferta contro il Real Madrid. Credo quindi che la sfiducia (o la mancanza di una fiducia totale) sia il segno inconfondibile della mancanza di amore. Non si ama colui o colei di chi si diffida, si fa solo finta, o ci si batte in modo pretestuoso nella speranza di ottenere una prova inconfutabile del contrario – che non esiste. Perché la prova la si attende dagli altri, ma la sfiducia è dentro di noi. Dopodiché il rapporto di coppia, così costruito, diventa un fortino da difendere contro gli attacchi della verità. E tutto ciò che invece è legato all’amore – ovvero intimità e fiducia – viene finto o programmaticamente escluso. Perché vi rompo le scatole con queste pippe? Perché anch’io ho vissuto così, ed ora mi viene presentato il conto salatissimo. Ma non per questo credo sarebbe stato meglio non raggiungerne la consapevolezza. Oggi, imparare ad amare, sarebbe fondamentale per la sopravvivenza del pianeta. E’ l’ultima speranza in un contesto in cui tutte le altre sovrastrutture create dall’umanità sono ridotte ad un cumulo di macerie, bombardate dai politici, dalla rabbia, dalla pigrizia, dalla paura, dai capitani d’industria e della finanza, dalle religioni, dall’ignoranza abissale, dalla voglia di rifiutare qualsivoglia responsabilità. Oggi (ed è probabilmente sempre andata così, solo che non c’ero a testimoniarlo) si usa la parola amore per dire sesso, bisogno, potere, prevaricazione, infatuazione, orrore della solitudine, abitudine, coppia, violenza, prigionia. Non sto qui a dirvi che io sono diverso. Vi dico che sono uguale ma mi sono rotto le scatole. Senza giudizio, perché le quattro persone che indirettamente menziono in questo post sono persone che adoro, cui mi sento molto legato, che mi mancherebbero molto, se non facessero più parte della mia vita. Eppure: o trovo qualcosa di diverso, o appendo i ventricoli al chiodo.

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