– Anche oggi condivido quanto scrive Davide Giacalone: “Oggi, in Parlamento, prenderà corpo l’incoscienza politica. Nel senso letterale di una politica che non ha coscienza di quel che capita e di quel che si prepara. Il presidente del Consiglio si presenterà raccontando la solita favola, ovvero che l’Italia può cavarsela senza chiedere aiuti e senza cambiamenti di scenario, e magari ripeterà quel che ha avuto l’azzardo di sostenere la settimana scorsa: dopo il vertice europeo gli spread scenderanno, perché saranno varate le misure per lo sviluppo. Previsione che ha il valore di un oroscopo. Se restano insostenibilmente alti, nel frattempo, suppongo lo si debba alla luna in trigono, o corbellerie similari. I partiti della maggioranza, dal canto loro, si uniranno nel dividersi. Oramai figli d’un frainteso Montale: questo solo possiamo dirti, quel che non sappiamo, quel che non capiamo. Mario Monti, Angelino Alfano, Pier Luigi Bersani e Pier Ferdinando Casini hanno in comune una sola cosa: non sanno come arrivare alla prossima primavera. Le elezioni a ottobre le vuole Monti, che si rende conto di guidare un esecutivo già logorato dalla difficilissima condizione in cui ha operato e dal tragico errore di non avere approfittato dei primi tre mesi, quando era fortissimo e intoccabile. Le vuole Bersani, che lo ha fatto dire prima a Fassina, salvo smentirlo, ma successivamente tornarci e ritornarci, e le vuole perché potrebbe vincerle e le vincerebbe con questo sistema elettorale, il che assicurerebbe la maggioranza assoluta alla Camera e la scelta del gruppo parlamentare. Le vuole Casini, che da gran democristiano dice e giura il contrario, ma opera in tal senso. Esemplare l’intervista rilasciata al Corriere della Sera, nella quale annuncia di avere già fatto l’alleanza con il Pd, ma invita Alfano a una mozione comune, naturalmente per scriverci che Silvio Berlusconi è pazzo. Che deve fare di più, un povero allievo di Arnaldo Forlani, per rendere chiaro che si deve sfasciare tutto? Casini sa bene che l’alleanza con il Pd la fa se si vota subito, perché se si perde tempo il Pd stesso si spappola con le primarie, premiando un estremista o consegnandosi a Matteo Renzi, che non ha bisogno di allearsi con i democristiani, essendolo a sua volta. E le vuole anche Berlusconi, per due buone ragioni: a. tanto il tempo che passa non porta fortuna; b. l’attuale sistema premia il primo arrivato, ma salva il secondo e non consente una maggioranza al Senato, quindi resta spazio per contare. Non le vuole l’uomo del Colle, il quale gioca una partita personale, come talora capita agli anziani, incapaci di pensare un futuro che non abbia limiti biografici. A renderlo forte c’è la crisi europea, che non si risolverebbe certo nelle urne. E’ lui il più solido ostacolo al voto e, guarda un po’ i casi della vita, capita a lui finire nel tritacarne delle inchieste penali svolte a beneficio dei giornali. Né riesce a difendersi, dato che l’unico modo per farlo convincentemente sarebbe ammettere di avere fin qui sbagliato. Non le vogliono i parlamentari in carica, coloro i quali ancora campano di una rendita di posizione. Sperano possano essere cancellate quanti sentono che è finita, ma non riescono a immaginare come andrà a finire. Compagnia folta, ma non esaltante. In questo bel quadretto, oggi, Monti va in Parlamento a incassare il vasto appoggio in vista del vertice europeo. Se lui e gli altri avessero voglia di far sul serio, pretenderebbe e otterrebbe una mozione unitaria. Se siamo al trastullo se ne presentano diverse, senza alcuna differenza di contenuto. Se prevale il tatticismo se ne unifica una parte, quella più piena di vuoto, e la si vota con entusiasmo. Così si arriverà al 30, avendo il vertice alle spalle e luglio davanti. Un mese nel quale il governo dovrebbe convertire in legge non ricordo più quanti decreti (ho perso il conto), neanche uno dei quali risolve alcunché. E nel mentre questa rappresentazione inconcludente si trascina, la realtà suggerisce una progressiva perdita di sovranità, fino al punto, il cielo non voglia, in cui daremo il nostro gettito fiscale in garanzia dei nostri debiti. Le alternative ci sono, ma presuppongono l’esistenza di un governo, non di una congrega dedita al gioco del cerino”.

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