Scusate la lentezza, ma ci vuole tanto per trovare dati, confrontarli e cercare di capire. Il 30 settembre le Nazioni Unite, finalmente, terranno una riunione sul problema delle migrazioni. Il motivo per cui ci vuole tanto è semplice: queste conferenze immani necessitano di un lavoro certosino di diplomazia tra i funzionari ONU ed i rappresentanti di ogni singolo Stato – specialmente nei confronti dei Paesi che fanno parte del Consiglio di Sicurezza e che quindi, con il loro veto, potrebbero bloccare tutto. Ma stavolta la bomba della migrazione colpisce tutti, e quindi finalmente si è capito che quest’arma finanziaria, usata alternativamente da russi, cinesi, americani, arabi ed europei, è largamente sfuggita di mano a chi la brandiva. Non si tratta solo dei migranti che arrivano in Sicilia e Calabria. Come oramai persino i nostri giornali spiegano, i 300mila che arrivano da noi (e che sono un problema immane e che, lo confesso, due anni fa avevo completamente sottostimato) diventano quasi 3,7 milioni se si calcola quanta gente abbia cercato di arrivare in Europa attraverso le rotte più straordinarie, di cui davvero non sapevo nulla – come ad esempio le coste del Portogallo, l’Ucraina, l’attraversamento a piedi dei Balcani. Allo stesso tempo, tra il 2009 ed il 2014 sono entrati in Russia 28 milioni di cinesi. Specialmente la Siberia viene colonizzata con sistemi simili a quelli con cui Israele si mangia, a poco a poco, i territori destinati ai Palestinesi, ma con dimensioni completamente diverse, apocalittiche. Perché costoro hanno di fatto annullato la sovranità nazionale russa su territori (finora spopolati o quasi) grandi come due volte l’Italia. Nel sud degli Stati Uniti ogni anno mezzo milione di centramericani cerca di passare la frontiera, rischiando veramente la vita. Nel frattempo 14 milioni di costoro, soprattutto messicani e cubani, hanno ottenuto un visto ed un permesso di lavoro, ma si calcola che almeno altri 5 milioni di “chicani” siano sparsi per gli USA senza documenti – un Paese in cui in ogni caso una quota di popolazione difficile da valutare (almeno il 10%) nella propria vita non prende una carta d’identità, non segnala la propria presenza alle autorità locali, vive senza fissa dimora. Nei Paesi Arabi del petrolio sono stati importati (dice l’ONU) circa 30 milioni di disperati provenienti dall’India, dal Bangladesh, dall’Indocina e dall’Africa – persone di fatto detenute e destinate ai lavori forzati, spesso senza documenti e nessuna possibilità vera di andarsene. E potrei continuare ancora. Riassumo alcuni motivi ovvi alla base di questi spostamenti di dimensioni veramente incommensurabili: chi vive senz’acqua e senza cibo, per giunta in Paesi in cui le multinazionali la fanno da padrone, scappa, altrimenti muore. Chi vive in Paesi in cui Giunte militari ammazzano persone come noi annientiamo formiche (specie in Centramerica), scappa. Chi vive in Paesi di sovrappopolazione incontrollata, per la cui gente non basta il cibo, non esiste futuro e nemmeno un posto per mettere tutti a dormire, scappa. Chi ha avuto la possibilità di studiare ed ha capito le diseguaglianze esistenti tra il posto in cui è nato e posti circonvicini, si batte per andare a vivere laggiù. Chi non trova nessun motivo per restare nel luogo in cui è nato e si annoia (non sto scherzando), si arruola non più nella Legione Straniera, ma nei 225 eserciti mercenari o truppe irregolari tribali e/o locali e criminali, censiti (tra cui l’IS) e va a fare la guerra chissà dove. Dico questo per spiegare una volta ancora che gli Stati Nazionali, inventati da Bismarck e Metternich nel 1815 per evitare il ripetersi della nascita di una forza sovranazionale ed ideale come fu in gran parte l’esercito napoleonico, sono morti, finiti, estinti, usarne il concetto per cercare di capire la realtà è fuorviante. Esistono le tribù e le spinte localistiche e campanilistiche, ma il nazionalismo, culminato con l’esplosione della Seconda Guerra Mondiale, resiste solo (ed a fatica) in regioni specialissime come Israele. Oggi i confini della maggior parte dei paesi cosiddetti indipendenti sono un’ipotesi ignorata dalla prassi.
Dice bene chi dice che, per fermare il flusso di migranti, basterebbe creare nei Paesi da cui scappano le condizioni di vita necessarie e sufficienti per farli restare lì. Non è nemmeno impossibile farlo, anzi. Ma ci sono dei prezzi da pagare. Primo: dobbiamo rinunciare (noi ricchi) alla manodopera a basso costo e senza garanzie cui affidiamo i nostri malati, i nostri anziani, i lavori detti “più umili”. Secondo: dobbiamo pagare le risorse naturali ed il cibo a prezzi diversi. Se applicassimo le leggi di protezione dell’agricoltura nazionale vigenti in Svizzera, dovremmo accettare un rincaro di tutti i generi alimentari, dei prodotti chimici ed in parte dei medicinali, di circa il 600% – senza che aumentino i nostri salari, ovviamente, altrimenti saremmo sempre al punto di prima. Terzo: dobbiamo smetterla di armare i mercenari, i “terroristi”, chiunque. Il mercato delle armi, quello legale, cresce dalla fine della Guerra Fredda a ritmi vertiginosi, a volte anche dl 10% in un anno. Oggi, solo il commercio legale vale 38,5 miliardi (non milioni, miliardi) di Euro all’anno. Quello illegale circa il triplo. Legati a questa industria ci sono oltre 2 milioni di posti di lavoro. Se vogliamo sconfiggere la migrazione ciclopica, dobbiamo rinunciare a quei posti di lavoro – in grandissima parte. Quarto: dobbiamo smettere di imporre le nostre leggi altrove, soprattutto quelle relative ai confini nazionali, ed accettare l’esistenza di forme di aggregazione umana diverse – dalla tribù al clan, ma qui si aprono discorsi complessi ed ancora più lunghi. Insomma: dobbiamo accettare una perdita di welfare che nessuno di noi immagina e che, soprattutto, nessuno di noi vuole. Oggi il 5% della popolazione mondiale dispone di 85% del potere d’acquisto. Cambiare questo sarebbe l’unica possibilità per non rinunciare a tantissime cose che oggi quasi tutti noi consideriamo irrinunciabili – a partire dall’acqua corrente, che è un lusso oramai quasi intollerabile, e l’auto privata. Lo faremo? No. E allora? Allora, da una parte ci saranno i salvinolenti che credono a Babbo Natale, a Beppe Grillo, ad Adolf Hitler, a Capitan America, a Tom Cruise, a Pippo e Topolino, a qualche divinità terribile, e che continueranno a dire che il problema lo debba risolvere qualcun altro senza scocciare loro, basta che i negri scompaiano dalle nostre strade. Dall’altra i pragmatici, che spesso corrispondono con i leader della finanza, dell’economia e della politica. A costoro viene in mente una cosa sola. Sparare. E spareranno. Ma la colpa sarà anche la nostra. Specie quando, ad essere nel mirino dei cecchini o della violenta mafiosa (difesa da quel dinosauro morente che si chiama Stato Nazionale), ci saremo noi ed i nostri cari.

Lascia un commento