Ho visto “La pazza gioia”. Fatelo anche voi, perché è meraviglioso. Si vede Francesca Archibugi in ogni dialogo, sia quella meno fortunata del commerciale “Il grande cocomero” che quella insuperabile di “Verso sera”. Questo nuovo film, per me, è il giusto seguito del primo, il personaggio di Donatella è “Papere” da grande, dopo che il nonno Mastroianni è scomparso e Sandrine Bonnaire si è trasformata in un mostro. Perché questo film meraviglioso non parla della pazzia di chi è disturbato, ma della follia di chi ha devastato i propri figli portandoli ad un punto di non ritorno – ad un punto in cui persino la morte ti sembra la cosa più vicina alla serenità che sia possibile. Ed il film cancella la noia come valore positivo (come era una volta) e presenta la vorticosa velocità di oggi in una sua umanità estrema, che si raggiunge solo in fondo alla sofferenza, quando solo l’apparente follia è capace di verità. Se vi aspettate Thelma e Louise ci troverete solo macabre citazioni. Ma la maternità di Papere-Donatella è l’estrema unzione dell’amore in una società disgregata e suicidale, e la scena sulla spiaggia tra Papere ed Elia ha la profondità della scena clou di “Mignon è partita”: quella in cui si arriva alla consapevolezza, e questa consapevolezza ti fa morire di dolore e, come un parto, ti trascina alla vita. Ho pianto per tutti i momenti in cui ho rivisto B., e per fortuna non ero da solo, altrimenti sarei uscito dalla sala. La cinepresa ballava tutto il tempo, con un effetto un po’ disorientante, ma magari era voluto. I colori non mi sono piaciuti, troppo celeste e troppo rosso carminio – troppa America, che con Montecatini non c’entra nulla. Ma Villa Biondi è la ripetizione della fattoria del pecorino zen di Deruta di “Verso sera”. Insomma, il film mi ha dato l’impressione di chiudere un cerchio, di riportarmi con affetto a delle cose che volevo dimenticare, di dirmi che si può amare anche nell’impossibilità, perché l’amore è un’idra tentacolare e magnifica, un fiore che spunta sul cemento, e l’amicizia tra Ramazzotti e Bruni Tedeschi è quanto di più romantico abbia visto da tempo. Su Valeria Bruni Tedeschi. Non la vedevo da Locarno, 1992, diventa sempre più bella e intensa. Una donna magnifica, un epicentro di forza controllata, una malinconia sghemba e tracotante che ti incatena. Andateci.

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