Lavorare con la febbre ha qualcosa di mistico e buffissimo, ma foriero di dolci malinconie. Sicché questa canzone, “I’ve left my Heart in San Francisco”: la dedico al mio Papà ed a me, molto tempo prima che lui ed io divenissimo fratelli. La dedico ai nostri viaggi in auto verso l’Acqua Acetosa, alle gite in 1100 a Fiumicino con Mamma ed i fratelli, a quando cercò inutilmente di insegnarmi a pescare (ed io prendevo solo granchietti), ad una cena indimenticabile con Luigi Saini e Paolo Fiorelli (ed un dentino perso in una mela), e soprattutto all’immagine immortale di papà, mamma, Luciana Nunzi e la mamma di Claudio Zei, a Torvajanica, che ridacchiano insieme, alle loro spalle il sole che tramonta, la vita che inizia, nella gola la nostalgia che solo oggi so spiegare. La felicità completa e struggente di un’estate che speravamo non finisse mai.

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