– Che stupenda serata… tanti amici, tanto affetto, e c’era Roberta: quanti ricordi di quando cantavamo insieme quelle canzoncine sceme che ora fanno parte di una cosa così grande… oggi c’ero, libero dalle gabbie strutturali, libero di dire ciò che sentivo. Agli “attori professionisti” ciò è piaciuto poco, per fortuna, il che vuol dire che sono riuscito ad eliminare tutte le leziosità, i manierismi, la perfezione del professionismo, ed é rimasto l’affanno sincero del ciccione che grida per dire la sua ultima verità incerta, come il dinosauro che piange i piccini perduti per sempre nell’avanzare della glaciazione. Il grido di “Una guerra in Medio Oriente”, le lacrime di “Valentina”, una signora che mi ha tirato uno stivale addosso per “Roma muore” – per una serata ho creduto di essere vivo e vero. Le parole di Francesca mi hanno fatto piacere, perché credo che abbia provato un interesse vero per il mostro che si nasconde dentro di me ed un minimo di compassione per il grasso che difende il mondo esterno dal suo prorompere. La perfezione dell’imperfezione. La tracotanza del dilettantismo, o magari l’autenticità scialaquona (“dentro questo spettacolo ce ne sono almeno tre”). Grazie davvero, perché siete sincere e mi avete onorato davvero della considerazione come se io fossi un vostro pari. E non lo sono. Ho cercato di far vedere l’anima nuda, con tutta l’arroganza e la vanità di un bambino timido. E quando ho visto i vostri occhi, prima ancora di udire le critiche, ho capito che ce l’avevo fatta. Chi se ne importa se professionalmente non ero “giusto”, mirato, limato, non so gestire le emozioni e via dicendo. E’ vero. Il teatro gestisce le emozioni. Quando sono sul palco però posso finalmente essere me stesso, sono stufo di gestire, e sono sul palco proprio per questo: per fare in modo che le emozioni gestiscano me. Mi dispiace che non ve la sentiate di salire con me sul palco al Valle, ma lo rispetto e credo che sia giusto, se ho capito la vostra idea. Qui, sulla riva del Rubicone, non ho bisogno di gettare i dadi. Aspettavo da 40 anni di attraversare il guado, la direzione l’ho sognata tutte le notti, ed ho la libertà, dato che non vivo di questo, di poterlo fare esattamente come lo sognavo – grazie al vostro aiuto ed il vostro affetto. Cri, Manu, Chiara, magari vi deludo, ma io sono felice come una Pasquetta con l’uovo sodo, il salame e la torta al formaggio. E stanotte, entrando in casa, ho incontrato me stesso e, invece di odiarmi, come al solito, mi sono abbracciato, pensando alle parole di Francesca ed al suo sguardo timido e prudentemente ritroso, ed ora lavoro allegro un paio d’ore prima di prepararmi ad Anagni. Teatro Valle, arrivo!

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