Matteo Renzi è servito di nuovo. Ad una manifestazione del PD a Milano il Ministro dell’Istruzione Stefania Giannini viene fischiata da un nutrito gruppo di insegnanti inferociti contro la modifica della legge (chiamarla riforma mi sembra una bestemmia) che protesta per il fatto che migliaia di nuovi insegnanti assunti in ruolo viene costretta a traslocare in città diverse da quelle in cui sono nati. Ecco perché non è una riforma per nessuno: l’unica cosa che è stata fatta è assumere migliaia di persone. Persone che, in un mondo in cui la flessibilità e l’incertezza sono la regola, resteranno nella stessa, senza che nessuno possa dare loro noia, fino a quando andranno in pensione – una pensione che, per loro, è garantita. Sono quindi dei privilegiati o, come direbbe Berlusconi, degli Unti dal Signore. Qualunque altra cosa sia contenuta in quella legge, non la sa nessuno, non importa a nessuno. Non solo: ma che il corpo degli insegnanti protesti sul valore della scuola mi pare ridicolo – volevano la certezza del posto, l’hanno ottenuta. Nel resto del mondo quasi tutti gli insegnanti vengono spostati di centinaia di chilometri e lo considerano normale. Da noi si pretende (ci si aspetta) di prendere il cappuccino la mattina nello stesso bar per tutta la vita. Lo so, non bisogna generalizzare, coloro che protestano saranno certamente una minoranza. Ma si tratta di gente che confonde il “bene della scuola” con la loro propria comodità. Ma Renzi non può chiamarsi fuori: lui per primo, questa modifica della legge, l’ha venduta così, in modo da traffichino democristiano quale è sempre stato. Quanto al Ministro Giannini, che nonostante non abbia praticamente preso parte al processo decisionale e non abbia avuto la dignità politica di dimettersi, non so cosa dire. Fra dieci anni nessuno ricorderà più che è esistita, ma lei avrà una buona pensione, come la Signora Fornero e tanti altri minuscolissimi democristiani prima di lei, che è in Parlamento a rappresentare gli interessi della Goldman Sachs dopo che quella banca, accordatasi con Renzi, ha da tempo sciolto il partito e riportato in azienda Mario Monti. Ma la pochezza di costoro è grandezza, se confrontata con quella di coloro che, assunti in quella che forse è l’ultima grande valanga di assunzioni elettorali della storia d’Italia, ancora rompono le scatole.

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