È quasi mezzanotte ed ovviamente spengo il telefono. Cinquantasette. Non ho scritto il romanzo che avrebbe cambiato tutto. Ho scritto canzoni che amo e che non conosce nessuno. Ho fatto diverse carriere professionali con risultati al di là delle mie più rosee fantasie, ma anche con rovesci subitanei e clamorosi. Ho amato solo a vanvera, ricambiato. Ho una figlia meravigliosa e due nipotine bellissime. Ho alcune amicizie più forti del dolore, della debolezza, del malinteso, di qualunque cosa. Ho gettato al vento talmente tanto denaro da guadagnare l’inferno, ed ho vissuto senza avere nulla in tasca. Non solo. Nel frattempo credo persino di essere diventato adulto. Peter Seibt, mille anni fa, mi insegnò una cosa che imparo solo ora – aveva ragione lui. Posso bastarmi. Ho perso tantissimi treni, troppi. Questo giochino del social networking ha solleticato la mia vanità, obnubilato il mio senso del ridicolo, ma mi ha dato l’impressione di parlare con tantissima gente interessante, appassionata, intelligente. Poi, molti di voi li ho incontrati di persona, ed erano ancora più emozionanti che nelle righe di computer. Sono un uomo fortunato, lo dico sempre.

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