Ho il diritto di commuovermi guardando mille ragazze e ragazzi italiani che suonano insieme, all’Ippodromo di Cesena, “Learn to fly”, per chiedere ai Foo Fighters di tenere un concerto in Romagna? Ho il diritto di stupirmi vedendo che ci sono migliaia di italiani che, nonostante il regime anticulturale che domina da un quarto di secolo, sanno suonare uno strumento abbastanza per venire fin quassù a fare una sola canzone per il piacere di stare insieme? Ho il diritto di sorridere guardando un video successivamente registrato col cellulare da David Grohl, il cantante, che in un italiano imbarazzato promette che verranno? Ho poi il diritto di essere contento del fatto che qualche giorno fa, il 3 novembre, i Foo Fighters abbiano davvero suonato a Cesena e migliaia di giovani abbiano cantato a squarciagola con loro? Direte: dietro ci sono solo soldi che si muovono. Il gruppo che ha organizzato quella canzone a Cesena aveva tonnellate di sponsors ed è riuscito a commercializzare il tutto, anche se piadinamente, con tenerevole dilettantismo. Giustamente sottolineerete il fatto che la band di Seattle non sia venuta gratis, ma abbia preso fior di quattrini. Ma dietro tutto ci sono mille ragazze e ragazzi. Non sono un milione come a Woodstock, ma sono quelli che abbiamo. Non avevano tre giorni, ma solo un pomeriggio. Quindi io il diritto di commuovermi me lo prendo, effimero quanto volete, ma me lo prendo. Se guardate i filmati del concerto, troverete che, a un certo momento, i Foo Fighters suonano “Under pressure”, und canzone di David Bowie e Freddie Mercuri. E chiamano a suonare la batteria uno dei ragazzi di Cesena che era presente nel video. Quello con i capelli da indiano mohawk. Non riesco a pensare come si sia sentito quel ragazzo. Dite quello che volete, ma la vita di quel ragazzo è cambiata, e con la sua quelli di coloro che, per una notte, hanno capito di poter appartenere. In pace, cantando. Questo era lo spirito giusto, quello dei giorni belli, quello che la mia generazione credeva eterno ed ha colpevolmente lasciato che morisse. Sicché alla fine, una volta in più, credo che il nostro spettacolo L’Estate Infinita sia non solo giusto, ma necessario. Vi abbraccio tutti.

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