Negli anni ’50 e ’60 il Dipartimento Federale della Guerra (o della Difesa, se preferite) degli Stati Uniti aveva un ufficio propaganda di proporzioni immense, che da un lato cercava di boicottare o censurare tendenze e creazioni che fossero smaccatamente pacifiste (o, come negli anni più rigidi del McCarthysmo, filocomuniste), e dall’altro spendeva miliardi per produrre “cultura” a favore del patriottismo esasperato e dell’interventismo americano nelle guerre di tutto il mondo. Non è un mistero per nessuno che persino Woody Guthrie, in alcuni momenti della vita, si sia fatto aiutare da costoro. L’intero movimento country, cajun, folk e bluegrass erano infiltrati da estremisti religiosi (come B. J. Thomas, che cantava “Raindrops keep fallin’ on my head” di Burt Bacharach), o da “agenti culturali” che lavoravano per i militari americani. come Johnny Wright, che nel 1965 scrisse “Hello Vietnam”, una canzone a favore della guerra, che scalò le classifiche e ci rimase per mesi, e che magari avrete sentito nella colonna sonora di “Full Metal Jacket”. di Stanley Kubrick. Proprio in quegli anni Gary Puckett, un ragazzetto del Minnesota che voleva sfondare nella Grande Mela, accettò soldi e produzione pur di arrivare in cima. Le canzoni venivano scritte e prodotte da Jerry Fuller, un artista che lavorava per i militari, ma anche per artisti importanti come Sam Cooke, Ricky Nelson e tantissimi altri. Ma Fuller vide in Puckett la possibilità di compiere un’operazione ancora più sfacciata, e creò gli Union Gap, una band di musica beat vestita con delle divise a metà tra le giacche blu di Rintintin & Rusty e le divise dei Beatles in Yellow Submarine. Agghiacciante, perché Union Gap è il nome del massacro con cui nel 1855 gli Americani, in poche ore allucinanti, contravvenendo ad un trattato di pace, massacrarono migliaia di indiani inermi delle tribù Palusa, Yakamas ed altri, cancellando la presenza dei nativi americani dallo Stato di Washington e dell’Oregon. Vendere dischi con quelle giacche addosso era – scusatemi il giudizio – una cosa schifosa. Ma riuscì. A me quelle canzoncine estive piacevano, e le canticchiavo, ignaro, andando al mare con mamma ed i fratelli… Dopo una serie di successi solo americani, dopo aver venduto milioni di dischi, Gary Puckett ed i suoi entrarono in depressione e smisero di suonare. Cercarono un contratto per cantare le loro “vere” canzoni, e si trovarono in strada con un calcio in culo ed un ghigno sprezzante come liquidazione. Non si sono mai più ripresi. Gary canta oramai da 30 anni nei tantissimi festival di Oldies, e la casa discografica gli ha rimesso insieme una band che si chiama, ancora oggi, Union Gap. Di tutte queste cose si rifiuta di parlare, non trovo interviste, se non una, del 2005, in cui dice: “avevo una sola vita, e per viltà e pigrizia l’ho buttata, ed ora pago finché campo, perché non ho voglia di fare altro, sono ancora pigro e vile come da ragazzo, non ho nulla in più da dire”. Ogni volta che vedo uno dei personaggi lanciati dalla Defilippi o da uno qualunque dei format osceni della TV, ripenso a lui, ed al fatto che oggi il sordido orrore della propaganda di Stato non deve nemmeno più rendere accettabile la guerra, deve solo addormentare. Ed infatti, da quanto russiamo, tutti, oramai non riesco nemmeno più a sentire la mia voce, figuriamoci la musica.

Lascia un commento