Sto provando un vero e proprio orrore ascoltando la radio e leggendo i giornali a proposito della possibilità più o meno remota che il PD riesca a riunire in un’alleanza ciò che loro chiamano “centro-sinistra”, ed in nome del motto “mai più come in Sicilia” chiedono a pizza e fichi, gianni e pinotto, mare e montagna, margherita o coi funghi, bianco o di canna, merda o cioccolata, bibì, bibò e capitan cocoricò di evitare qualunque frase contenente un qualsivoglia contenuto, di modo da evitare di far capire che si sia in disaccordo persino sui colori dei calzini. L’idea di costoro, evidentemente, è che “si vinca” solo se si rinuncia del tutto ad avere un programma, e che “in cambio” nessuno chieda a Matteo Renzi di farsi da parte. Nonostante Giggino Di Maio continui a mentire imperterrito, sostenendo che la legge elettorale sia un escamotage per far perdere i Grillini (mentre è chiarissimo che in ogni collegio gli scontri saranno tra M5S e centro-destra), l’idea del PD e ciarpame diffuso, Alfano in testa, è che una formazione che metta insieme tutto lo schifo, la vergogna, l’incapacità, il disgusto per cui persino gli elettori del PD sono pronti a votare una lista dedicata ai fan del pecorino reatino, piuttosto che PD, possa permettere a ciascuno di loro, “di pirsona pirsonalmente”, di essere rieletti in Parlamento e di ricostituire un governo il cui programma sia un mix tra lo stragismo della Fornero, il liberalismo di destra di Renzi, il pragmatismo fascista di Minniti, il cannibalismo economico di Padoan, lo scemismo di Alfano ed il fantasmismo di Madia (ve la ricordate? no? è tuttora ministro della Repubblica…). 23 anni fa, Achille Occhetto guidò il PCI alla sconfitta con un manifesto estetico, cui Silvio Berlusconi contrappose alcune, pochissime, chiare proposte politiche. D’Alema e consorti credettero che il Nano fosse già talmente screditato, e talmente poco “politico” (tra virgolette perché i veri non politici erano proprio i compagni di merenda del PCI) che non avrebbe avuto chance. Guardate il film “Aprile” di Nanni Moretti e vedrete come il successo del partito della Fininvest fosse un’onda che cresceva di ora in ora, esattamente come oggi. Berlusconi, Salvini e Meloni vinceranno proponendo agli italiani meno tasse, meno negri, meno leggi del cavolo renziane, andare prima in pensione, mostrare il ringhio a Bruxelles e battersi coerentemente (come Berlusconi ha sempre fatto) per l’interesse dell’Italia prima che dell’Europa. Vincendo, cancelleranno tutto, giustamente, come il PD e l’Olivo non hanno mai fatto – loro che si sgolavano contro la politica berlusconiana e poi, arrivati al governo, non ne abrogavano nemmeno un codicillo. Il PD perde, ed è bene che sia così, perché non ha una linea politica. Non ce l’ha. Ha un tizio pieno di sé, al comando, che cambia le leggi ad minchiam, tanto per dire che ha fatto una riforma, ma non ha né una direzione, né una linea economica, né una politica sociale, non ha niente, se non la pretesa di reagire come un ramarro, percependo l’umore della palude circostante, prendendo decisioni con la portata di 24 ore, inseguendo la visibilità e l’adescamento del cittadino affamato di tutto. Ai giovani dà 80 Euro, non una prospettiva. Ai disoccupati regala il precariato perpetuo, non una politica industriale, e posso andare avanti per ore. Disgustare tutti per non scontentare nessuno, questa è la linea. E sinceramente sono convinto che l’obiettivo del 16%, per una coalizione di questo tipo, sia un miraggio. Come in Germania, la cosiddetta sinistra, che da un quarto di secolo fa la scimmiottatura triste del socialismo fascista e del liberismo alla Vanna Marchi, è un partito morto, finito, residuale. La DC prendeva voti spaventando tutti, dicendosi l’argine contro gli opposti estremismi. Il PD non prende i voti, perché nessuno spaventa quanto loro stessi. Un’ultima nota. Ho partecipato ad una stagione dei Radicali, impegnandomi in una raccolta di firme. Ho conosciuto gente per bene ed in gamba, e ragazzi appassionati. Oggi ho sentito alla radio che in nome e per conto di 50 anni di tradizione radicale, dopo la morte di Marco Pannella, parlavano Benedetto Dalla Vedova e Piercamillo Falasca. Due persone di destra, due democristiani che avevano cullato il sogno di gestire la destra con il nullismo con cui Renzi vuol finire di distruggere il PD. Che siano loro, oggi, elemosinando tre posti in Parlamento, a rappresentare quell’immensa tradizione, è una cosa che stringe la gola dal dolore e dalla disperazione. Mario Staderini, Gionny D’Anna, Riccardo Magi, Alessandro Capriccioli, come avete potuto? Ma davvero siete d’accordo con questo ammainare la bandiera e questo residualismo psico-alfaniano? Compagne e compagne, amiche ed amici. La politica esiste ancora. La politica è una direzione di lungo termine, una strada frastagliata che conduce ad un faro, una serie di progetti veri, pratici, sociali, solidali, inclusivi, innovativi, e non importa se siamo solo in pochi. Esistere in pochi è meglio che desistere in tantissimi. Dai campi e dalle officine, non impugniamo il martello, ma le idee: le proposte vere per uscire dalla crisi e ricostruire uno straccio di società umana, una risposta vera al crescendo di odio, di nazismo, di grillismo, di iphonismo, di coglionismo pretertelevisivo o internetiano. E se stavolta alle elezioni dovesse vincere uno che non mi piace (e non mi piacciono tutti), questa è la democrazia. SI lavora per il futuro, che non arriva mai, restando solidi nel presente, che non finisce mai. Hasta la victoria. Siempre.

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