Quando posso, ascolto su Radio1 “Un giorno da pecora”, e concludo con il Radiogiornale, prima di rimettermi a lavorare o a soggiacere ad una pennichella. Oggi davano cifre spaventose sul traffico di esseri umani e sulla schiavitù, cifre che non riporto, perché sarei inesatto, ma si parlava di decine di milioni, e non solo dove me lo sarei aspettato. Parlava una giovane inglese, ridotta in schiavitù per sette anni nel paesino natio, costretta dagli adulti del villaggio a farsi passare sopra senza reagire. Lo dico perché molti di noi, chauvinisti, considerano la schiavitù di un nero diversamente da quella di un bianco di un Paese occidentale. Ma non è di questo che voglio parlare, non direttamente. L’essere umano vive in orde, in tribù, in clan, in città. Da solo, generalmente, impazzisce o non è in grado di sopravvivere a lungo. Ma non appena una manciata di umani si mette a vivere insieme, ecco che la prevaricazione diviene una costante ineluttabile, quasi accettata. Per ottenere un vantaggio personale sappiamo usare: la violenza, la minaccia, il potere, la retorica, la prestanza fisica, l’alleanza con altri umani contro il singolo. Sappiamo far tutto ciò, bravi che siamo, e lo facciamo spessissimo, magari sempre. Abbiamo già difficoltà a provare empatia per i membri del nostro clan, della nostra famiglia, sicché persone di altre etnie ci paiono paragonabili ad insetti o a cibo, chi se ne frega di cosa pensano e provano. Incitati dal modello sociale a pensare esclusivamente a noi stessi, ci commuoviamo (generalmente) solo se l”immagine del dolore altrui è rappresentata in modo che le nostre paure vi si specchino, e ci commuoviamo pensando che lo stesso orrore potrebbe presto toccare a noi. In tutto ciò, non c’è bisogno di sottolinearlo, un ragionamento lucido non c’è, siamo al puro irrazionale delirante. In teoria sappiamo che, per mantenere nell’equilibrio precario lo stile di vita che abbiamo, milioni di persone debbano morire, vengano sfruttate, umiliate, violate, uccise. La questione dell’immigrazione ci ha mostrato chiaramente come stiano le cose: il Ministro Minniti ha ottenuto che centinaia di migliaia di persone finiscano torturate ed uccise in Libia. Lo sappiamo, meglio quello che vederli nelle nostre strade combinare guai, chiedere insistentemente carità, incutere terrore con la loro diversità, il loro sguardo disperato e deciso, la loro apparente non integrabilità. Ma, d’altro canto, la stragrande maggioranza di coloro che vengono da noi, disprezzano i bianchi e gli europei con la stessa rabbia e veemenza, per giunta colorata da giustificazioni pseudoreligiose. Riducendosi drasticamente, di mese in mese, gli spazi di benessere e sicurezza individuale, siamo sempre più portati a pensare che la strage di qualche miliardo di africani ed asiatici non sarebbe poi un gran male, anzi. E del resto i cinesi che vengono in visita turistica in Italia si comportano con una violenza ed una scortesia che ci confermano le paure: questi sono come le cavallette, e ci distruggeranno. Lo Stato rafforza le nostre paure, perché nelle democrazie occidentali, il sopruso è l’unica regola che vale sempre. Ero in un bar, tutte persone anziane, alla TV parlava un’attrice che aveva denunciato un produttore di molestie. Questi anziani signori, bava alla bocca, sentendosi tra loro, compilavano liste di pertugi nei quali loro, se ne avessero avuto la possibilità ed il potere, si sarebbero serviti del corpo e dello status sociale di quell’attrice per scaricare sperma, frustrazione, rabbia, paura, stupidità animale. L’arroganza dei politici, dei burocrati, dei poliziotti, di chiunque abbia uno straccetto di poteruccio piccino piccino, è la valvola di sfogo di una razza umana dopo la fine dell’illusione della società solidale, distrutta dal fallimento endemico delle religioni e dalla fine dell’età dell’illuminismo, che coincide con la rinascita del nazismo, della voglia inestinguibile di uccidere e violentare. Per anni abbiamo creduto che si vivesse meglio se tutti ci fossimo comportati bene. Di colpo, nel 1990, questa si è rivelata un’illusione, e da allora è un crescente inferno in terra. Non credo agli appelli al cuore, a Dio, al senso di giustizia. 70 anni fa una carneficina folle di milioni di persone e la fame generalizzata fecero capire anche al più scemo degli scemi, che una pace ordinata fosse meglio di qualunque altra cosa – ma oggi sappiamo che venimmo tutti presi per i fondelli, e non siamo disposti a crederci un’altra volta. Sicché oggi, se centinaia di persone vanno in piazza e gridano “onestà”, sappiamo che mentono, o sono pazzi. Non c’è alternativa. Basta con Babbo Natale. Ci vuole conoscenza, consapevolezza, corresponsabilità. Lo so, l’essere umano non vuole questa roba. Quindi verremo cancellati come un errore biologico della Natura. Ma io non sono disposto a lasciarlo succedere senza appartenere a coloro che gridano la verità opposta. Si potrebbe ancora salvare tutto, facendo esattamente l’opposto di ciò che sta accadendo, in politica, in economia, nella società, nelle relazioni umane. Stiamo costruendo un mondo in cui Hitler e Mobutu sono cazzatine da adolescenti. Almeno diciamolo.

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