Lei veniva da altrove, ed era zitta, in un angolino, forse non conosceva nessuno. Dondolava il volto, si vedeva che sapeva tutte le parole, anche quando io inciampavo. Ho sempre fatto fatica ad imparare i testi. Le ho fatto un cenno, di sedersi vicino a me, lei ha scosso la testa. Sorrido e la sfido, arrampicandomi su Maria Muldaur, pochissimi spezzoni di testo, per lei è davvero troppo. Si mette in piedi, dove non posso toccarla, e sussurra il testo. Smetto. Lei stringe i pugni, indispettita. Poi, finalmente, insieme. E poi. Avvolgendoci in Crosby Stills Nash & Young, faccio la seconda voce, una terza sopra di lei. Chi canta sa di cosa parlo. Il mondo scompare, esiste solo l’armonia. Lei è un ruscello infinito di capelli castani, in boccoli e strapazzi, come quando passi il tempo in spiaggia e la sera non te ne frega niente. Mani lunghissime, ma le nasconde, come chi ha pudore della perfezione. Non sono mai stato un cacciatore, anzi. La guardo, trasecolato, e lei sorride, ora si sente al sicuro. Non ricordo chi fosse intorno a noi, ma c’era la solita gente che veniva di notte in piazzetta a sentirmi suonare. Almeno credo. Avevo occhi e cuore solo per lei e le sue mani segrete. E per le canzoni. America, Jackson Browne, Dan Fogelberg, Poco, Eagles. Oltre il confine in cui entrambi arriviamo a lalala, perché il testo non lo sa nessuno, conta solo l’armonia. Le porgo la mano e dico: Paolo. Costretta, restituisce la stretta. Carolina. Uh. Carolina, un nome così bello, come le mani e quella cascata di capelli. E la bocca serrata, timida e stizzita insieme. Così suono questa canzone di James Taylor, e lei ha gli occhi gonfi di commozione. Poi un bacio, delicatissimo, più un altro, più deciso. Ed un morso sulle mie labbra. Passeggiando sul bagnasciuga, quando mi chiede, rispondo: Non ho nulla da raccontare, la mia vita è iniziata da quando ti ho vista. Beato te, dice, la mia non credo inizierà mai. Faccio troppe domande, persino più bambino di oggi. Finché capisco: Parlo troppo, perché ho paura che se smetto tu scompari, sono uno scemo. E lei: certo, ma ci rivediamo quando siamo grandi abbastanza. Ricorda. Non sono mai esistita, non ancora. Poi un ultimo bacio, e mi veniva da piangere. L’estate del 1975 è finita lì, ovviamente, poi saranno tristezza, pallavolo, cretinate da ragazzini, musica senza passione. Eppure il mondo è piccolissimo… Estate 2010, abbracciato a Barbara che guarda i negozi di Via del Boschetto. Carolina ha le stesse mani, gli stessi capelli, ma grigi – lunghi come allora. Ci guardiamo in silenzio. Lei dice: Non sono stata abbastanza brava a scomparire. Rispondo con: “I still have Carolina in my mind”. Lei: non ci credo, ma sei carino a dirlo. Ma appare Barbara, e di fronte a me non c’è più nessuno. Ecco – penso – un amore che non sarò mai in grado di rovinare. Mi viene in mente oggi, chissà perché. Ne faccio dono a questa domenica di sole.

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