Mi disse: “Che peccato, avrei dato non so cosa per essere amata da te. Ma tu non sai nulla dell’amore, ed oramai temo che non lo imparerai mai più”. Ho risposto con un sorriso sghembo, metà offeso, metà spaventato. O forse ho solo pensato che fosse una sciocchezza. Nella vita sono stato rifiutato anch’io, so bene come ci si senta e che cosa si sia capaci di dire. Non potendo esserci, si spera inutilmente di far pesare quell’assenza. Poi impari il gioco delle proiezioni e sei perduto, perché sei solo quando lei dice no, ed ancora più solo quando dice sì, e sai che non è vero, ma la cosa peggiore è la mia indifferenza, che confina a nord con la solitudine, a sud con il dolore, ad est con la consapevolezza e ad ovest con il bisogno di essere amati ed amare e, quindi, con la malinconia. Si dice che spesso ci si accorga di quanto una persona conti quando non c’è più. Lo dicono molte ragazze, che entrano in una situazione ad occhi chiusi, vedono sé stesse reagire, e poi si dicono che quella reazione estemporanea (e spesso eterodiretta) sia la realtà. Dura cinque secondi, e loro si battono per la vita per fingerla vera. Perciò ho trovato il suo indirizzo email. Del resto sono passati solo 36 anni. Le ho scritto: “Io volevo amarti, ma non mi sono fidato di te. Non mi sono fidato mai di nessuno, tanto meno di me stesso. Di te ho rimpianto ciò che già sapevo che non sarebbe mai stato, per cui ho fatto bene ad andarmene”. Adesso però zitti, che le vostre obiezioni le conosco, e valgono zero. La mia consapevolezza vale solo per me, e nemmeno sempre, perché a volte sbaglio. Per cui ho viaggiato, e viaggio ancora. Da solo. Non sono un bel misterioso, non più. Sono soltanto un uomo solo. La radice di me stesso. Canto la mia canzone del karma, My Father’s Gun di Elton John. Sono certo che non la conoscete. La canzone dice che ho sepolto mio padre ed ora indosso il suo fucile, e veleggio verso New Orleans, per proseguire la sua battaglia. La canzone ne ha una che è il suo specchio, Confessioni di un Malandrino di Branduardi. Una gialla velatura, gonfia verso un Paese Senza Nome. Sempre per continuare la battaglia di mio padre, di mio nonno, della mia gente. Ho cercato di sfuggirla, quella battaglia. Sono andato ovunque, alla ricerca di un destino che fosse solo il mio, ed ovunque ho ritrovato le tracce di chi mi ha preceduto – e molti di loro non sono più, se non nei miei ricordi. Ed eccomi qui, con quintali di sapere ed il cuore vuoto, di nuovo al punto di partenza. Di fronte alla chiesa sconsacrata di Alice’s Restaurant, guardando tutti andare via. Siamo qualcosa che non resta, frasi vuote nella testa, ma il cuore di simboli pieno? No, Francesco, non siamo questo. Molto, ma molto di più. O quasi nulla. Dipende dalla prospettiva. E lei? Lei ha risposto? No, non l’ha fatto. Aveva una saggezza tutta sua già 36 anni fa, chissà che miracolo che è divenuta, o che terribile sconfitta abbia dovuto sopportare. Una volta in più le sono grato per il suo silenzio. “Io non sono cambiato, il cuore ed il pensiero son gli stessi”.

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