Jerry Garcia era di nuovo a San Francisco, in quell’estate del 1961. Aveva 19 anni, un dito perduto in un incidente d’infanzia, era finito in galera e poi nel servizio forzato nell’esercito per aver rubato l’auto di sua madre (che si era sposata una mezza dozzina di volte ed ogni volta cambiava città), ed era tornato. Campava suonando il banjo, la chitarra, qualunque altra cosa capitasse, e metteva insieme amici per vivere in una comune in cui si suonasse country un po’ più “fumato” e pazzo che altrove. Già all’inizio del 1962 la base dei Grateful Dead suonava insieme, senza un nome, senza una direzione, a volte suonando un solo brano per 90 minuti di interminabili assoli, finché la gente, sfiancata, non abbandonava disperata il bar in cui si esibivano. Il che significa che Jerry aveva bisogno di un altro progetto, da “bravo ragazzo”, che portasse soldi. In quell’estate del 1961 campava suonando appunto da cowboy misurato e agricolo, niente suoni psichedelici da città. Suonava musica intollerabile, per il nostro gusto, ovvero folk degli anni 50, roba alla Merle Haggard, insomma: pallosissimo bluegrass, non ancora ingentilito dall’esplosione della Nitty Gritty Dirt Band. A suonare erano in tre: Jerry, Marmaduke (Johnny Dawson) e Dave Nelson, più qualche amico occasionale. Come direbbero Elio e Le Storie Tese, erano un tipico complesso del territorio, che impara quattro accordi e mette su un repertorio. Ma con quei soldi Jerry si sposa e mette su casa, poi si compra addirittura un’auto. E intanto gli anni passano (1962, 1963, 1964, sempre la stessa solfa, e tutti ascoltano Simon & Garfunkel…), e loro continuano, e stanno per perdere il treno – perché Gram Parsons fonda la Flying Burrito Band, poi nascono i Doobie Brothers, i fratelli McGuinn e David Crosby fondano i Byrds, ed i Grateful Dead diventano una band di importanza nazionale. Sicché Jerry decise di dare un nome a questa accozzaglia, e di registrare un disco. Nacquero i New Riders of the Purple Sage, che erano praticamente gli stessi musicisti dei Grateful Dead, ma con un repertorio più classico e “normale”. Aprivano i concerti dei GF, così si beccavano doppia paga, una volta come New Riders, und volta come Dead. Da qual momento in poi, tutti i più grandi musicisti del country della West Coast hanno suonato con i NRPS, da Waylon Jennings a Skip Battin, quando Marmaduke aveva nuove canzoni ed aveva voglia (o bisogno) di andare in tour chiamava coloro che stavano girando i pollici e partiva in sala d’incisione e poi in tour. Sicché i New Riders of the Purple Sage divennero una band “cult”, ed andarli a sentire era un obbligo, ogni anno, perché chissà mai cosa avrebbero suonato, e l’avrebbero fatto “in a proper way”, non con il casino psichedelico imperante nei Grateful Dead. A me piacciono perché in realtà hanno testi più aggressivi e meno surreali dei Dead, e perché adoro i cugini apparentemente sfigati di gruppi famosi. E vi regalo “Un calcio in testa”, scritta da Marmaduke con Robert Hunter dei Grateful Dead, che dice: “sono stato al liceo del male, e per questo ho bisogno di urlare e fare casino. dici che il mio cane morde? secondo me basterebbe trattarlo meglio di come io tratto me stesso, ma vi dico, che in ogni caso, una bella pagnotta fumante è molto meglio di una pedata nella capoccia”.

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