UN NUOVO RACCONTO PER L’ITALIA (3) – Continuo ad elencare le tesi che sono alla base della Conferenza di Roccastrada. In modi diversi, quasi tutti noi condividiamo una nebulosa di problemi che fisserei in dieci punti: 1) Ci troviamo in un momento storico pericolosissimo, vicini come mai ad un nuovo conflitto globale e comunque di fronte ad un’amnesia generazionale di cosa sia la guerra (Angela Merkel); 2) Questa situazione è stata generata dall’esaurimento dell’esperienza degli Stati Nazionali di Bismarck, dalla crisi del colonialismo classico, spazzato via dal fatto che coloro che hanno i soldi per i prodotti sono sempre meno, e l’economia, invece di allargare le proprie basi, le restringe, e tortura sempre più i terreni delle colonie, la cui estensione oggi è superiore di gran lunga a quella di 500 anni fa, e nel frattempo, terminata la globalizzazione, inizia a colonizzare le aree interne al sistema stesso (Wolf-Dieter Narr, Tomas Konicz); 3) Quando quel mondo, nato dal Congresso di Vienna nel 1815, vent’anni fa con la guerra civile in Jugoslavia è stato sepolto dai fatti, la sinistra (il progressismo) ed il sogno di una società più giusta sono rimasti senza argomenti, perché hanno accettato le teorie sull’individualismo proprie del neo-conservatorismo e sono stati incapaci di offrire un modello alternativo di riferimento e sviluppo. In questo modo la socialdemocrazia è morta, e non è stata sostituita da nulla, perché oggi fare opposizione è, per antonomasia, da destra, chiedendo sangue e non pace, vendetta e non prosperità, paternalismo e non condivisione delle decisioni. Per questo motivo oggi il progressismo e la sinistra sono gli antipodi (Tony Blair, Gerhard Schröder); 4) Il momento attuale ha tante concause, la più grande delle quali è, probabilmente, la distruzione del sentimento di appartenenza e solidarietà tra cittadini in nome di un individualismo che, all’inizio, aveva tratti liberali, e che oggi si è trasformato in un vortice in apparente equilibrio intorno a nuove forme di aggregazione (come le piattaforme elettroniche) che riducono di molto la soglia di controllo ed autocontrollo della socialità, del pacifismo, azzarderei persino a dire della cortesia, e sviluppano la nascita di orde di lupi al posto dei più tradizionali legami familiari (Ben Mezrich); 5) La morte della società in quanto tale porta con sé il disastro irreparabile delle singole vite dei cittadini, che non sanno più in che modo costruirsi e vivere, né da soli, né in compagnia, e che avevano erroneamente supposto che tutta una serie di servizi sarebbero stati concessi loro in eterno e gratuitamente. nelle nuove generazioni, ciò ha portato alla nascita di due fenomeni: all’analfabetismo sociale (ovvero, non essere più capaci a vivere con gli altri e risolvere alcune questioni elementari da soli) ed alla dislessia affettiva (non saper più dare un nome al malessere ed ai sentimenti che si hanno dentro), due fenomeni che conducono alla rabbia ed al bisogno di prevaricazione infantile (io non ho colpa, sono gli altri che…); 6) Il lavoro, nel senso dell’occupazione e dell’organizzazione sociale attraverso strutture legate al lavoro, è morto. Di noi non c”è più bisogno nel modo in cui siamo stati educati ad esistere. L’economia di sussistenza strisciante, che ha preso il posto di qualsiasi ideologia marxista o liberista, umilia e cancella l’individuo nel momento in cui gli racconta che solo diventando consumatore, invece che cittadino, otterrà felicità e serenità. Ma il lavoro dipendente non esiste più, oppure è assistito e dannoso per l’economia (Victor Lebow, Tomasz Konicz); 7) L’analfabetismo di ritorno, che è parte del fenomeno ancora più ampio della fine della competenza sociale, ha distrutto il concetto di credibilità, quello di consenso ragionato, ed ha offerto una piattaforma per che, da sempre propala la fine della consapevolezza e della corresponsabilità come l’obiettivo cui aspirare – non importa se al prezzo di una dittatura anche feroce (George Orwell, Karl Popper, Pierre Bordieu); 8) La scienza non è più una guida, ma uno strumento della competizione in seno a ciò che rimane dell’industria (specie quella di rilevanza militare) ed è barattabile, inspiegabile, opinabile, proiezione delle paure di ispirazione medievali che hanno una presa crescente sulle coscienze di chi, avendo rinunciato all’istruzione, crede a prescindere, per mero fatto estetico; 9) tutto diventa semplificazione: più la realtà diviene complessa e contraddittoria, più la gente esige risposte semplici, nette, definitive, che non accettino discussione ma che vadano difese anche (se non soprattutto) nel momento in cui dimostrano di essere false ed inefficienti, e che vengono accettate per motivi estetici, mai per motivi funzionali (Giorgio Gaber); 10) chi si rifiuta di far parte del coro è isolato, minacciato, non ha voce, non può avere partito, non ha più appartenenza. Non ha modo né canale per esprimersi. La quantità di denaro necessaria per far emergere una qualunque opera va al di là di qualunque sforzo personale, e persino la fondazione di un nuovo partito, se non garantisce interessi più che esclusivi, è impossibile. Nelle nostre conversazioni, da mesi, esprimiamo disperazione, impotenza, frustrazione, e ci chiediamo cosa fare. Ebbene, io ho un’idea, che non è originariamente mia, ma che – se usata – ha prodotto risultati stupefacenti. A Roccastrada ne parleremo e, se possibile, costruiremo insieme un modo per usare questa idea ed altre che verranno per un progetto unico, comune, interdisciplinare.

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