Avevamo aspettato tutti insieme. Ogni giorno, alla TV dei Ragazzi, Tony e Nelly raccontavano della loro gravidanza, spiegavano a noi ragazzini il mistero della nascita. Erano cantanti famosi, Tony Cucchiara e Nelly Fioramonti, era bello entrare così nelle loro vite, vedere come stavano arredando casa, come sceglievano questo o quell’oggetto, come raccontavano delle visite e della preparazione al parto. Non c’era nulla della tecnologia che oggi ci è così familiare, tutto era fatto in casa, e la loro felicità era la nostra. Poi, il pomeriggio del 19 maggio 1973, Tony venne da solo, in video. Tremava. Nelly era morta poco dopo il parto. La trasmissione venne sospesa, per fortuna. Ricordo che mi sentii schiantato, come fosse accaduto alla mia famiglia, come se ci fosse un buco nero incolmabile nella mia vita. Ricordo che Tony scomparve dalla scena, per poi tornare come autore di musical. Ma Nelly non c’era più. Così ho continuato a seguirlo, con affetto e discrezione, non mi piace intrufolarmi, finché trovai il coraggio di raccontargli il mio dolore di ragazzino, e lui mi diede l’amicizia su Facebook, cosa di cui vado estremamente fiero. E tutte le volte che, nella mia vita, sono andato ad Agrigento, sono andato a salutare i luoghi della sua infanzia. Come facciamo tutti, si è rialzato, e si è rimesso a lavorare, negli ultimi anni faceva fictions per la RAI, di cui non mi piaceva nulla, ma nelle conversazioni elettroniche parlavamo più volentieri di allora, di Tito Schipa Junior, di Claudio Rocchi, di Rosa Balistreri. Mi piace credere che Tony fosse un uomo schivo, un artista compito, pignolo e disciplinato, un uomo di sostanza, più che di forma. È mancato ieri, l’ho saputo solo adesso, e lo piango con dolcezza, perché mi ha regalato cose che non mi sarebbero mai spettate, e perché so che lui, credente, sperava di ritrovare Nelly, lassù. Lo so, sono forse sciocchezze romantiche di un ragazzino. Le dimenticherete comunque, così come molti dimenticheranno il più grande cantautore delle terre narrate da Camilleri, e continuerete a canticchiare alcune delle sue ballate per il teatro, senza nemmeno sapere che fossero sue. Custodisco gelosamente anche questa memoria, e lo saluto, con un abbraccio fraterno, sperando che avesse ragione lui, e che esista un luogo ed un modo per incontrare di nuovo tutti coloro per cui abbiamo pianto veramente, senza freni e senza salvezza.

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