Oggi, con il 38 o il 32%, una forza politica non è in grado di governare da sola e non è in grado di trovare un accordo con altre forze politiche. Questo perché i programmi sono simili, ed i distinguo personali. Ha cominciato Berlusconi nel 1994, e vinse per questo: non fece una campagna elettorale a favore di questo o quello (sostanzialmente, promise una riforma fiscale che non aveva nessuna voglia di fare davvero), ma fece una campagna contro i Comunisti, dichiarando tali tutti coloro che non fossero Forza Italia: DC, PCI, PSI, PRI e persino PLI. Tutti Comunisti. Diceva: io non devo parlare ai bambini delle elementari, ma quello seduto nell’ultima fila della prima elementare, quello che già non è più in grado di seguire cosa dicano gli altri. E su questo ha vinto. Ma Berlusconi ha usato questo metodo per poi arrivare a fare un governo che facesse alcune cose in cui lui crede o credeva: il federalismo, una politica energetica di cui ancora godiamo i benefici, una politica suicida sulla giustizia, di cui ancor paghiamo il fio, una politica tendenzialmente autarchica sul piano industriale, che capisco, ma che è andata male. Badate bene: è su questo che è caduto, non sul bunga-bunga! Finché si portava a letto delle prostitute, e le pagava, la gente lo adorava o considerava (come me) questo dato irrilevante. Gli votavo contro perché, mettendo in un angolo Prodi, gettava a mare decenni di politica industriale ed integrazionista della DC, che forse sarebbe stato meglio salvare, visto che né FI, né il PCI avevano una vera alternativa da offrire. Quanto al fatto che riportò la Destra ufficiale nell’ambito governativo, ne avevo schifo, ma Berlusconi ha dimostrato a fortiori che, senza una vera linea politica, i numeri sono irrilevanti. Dopo la nascita del M5S questo è cambiato. Costoro fanno campagne contro tutti, insultano tutti, e su questo prendono i voti – e poi si offendono se qualcuno insulta loro. Ma non hanno veri programmi, tutto ciò che propongono è merce di scambio nella trattativa dell’unica cosa a cui aspirano: il potere in quanto tale. Come si vede a Roma, quando lo hanno non sanno che farne, cercano di fare il meno possibile, perché fanno solo casini. Il guaio è che tutti hanno copiato i Grillini. I veti incrociati di oggi sono sulle persone, non sulle cose. Solo DOPO le elezioni Salvini e Renzi hanno iniziato a fare distinguo politici, ma sono impegolati in questa zuffa primordiale, e non possono fare a meno di prendervi parte, non fosse altro che per difendersi. In questo modo, nemmeno nuove elezioni serviranno. Se non hai una politica vera, non ce l’hai. Ma qui siamo al tracollo delle idee. Non siamo più nemmeno in grado di organizzare una sinistra extraparlamentare (con D’Alema? Ma siamo seri! Oppure con la giovane napoletana che vorrebbe uno Stato come il Venezuela?), e persino l’ultimo partito laico, i Radicali, è rimasto strozzato dall’opportunismo di Bonino, che ha raccolto tutti i portaborse trombati altrove, con i soldi di Soros ha dato loro una piattaforma elettorale filo-europea (ottima mossa!) e li ha lanciati come freccette contro il muro su cui si sono sfracellati – uccidendo al contempo i Radicali che, per ultimi, avevano una linea politica, seppur discontinua. Mi spiego. Il PRI riusciva a piegare il volere dei governi avendo il 3% dei voti, perché erano voti interclassisti (di sinistra non marxista), perché aveva una lobby funzionante e quindi sponsor importanti e con i soldi, perché aveva una linea politica chiara e sedimentata da decenni di battaglie. Quel 3% contava più del 33% di oggi. Oggi, rifondare quel partito è impossibile, non si può più nemmeno usarne la sigla. Fermare il Declino aveva tentato di percorrere la stessa strada, ma i suoi fondatori erano persone mediocri che si sono suicidate a forza di bugie ed intrighi (non di palazzo, ma di spelonca), ed in quel modo ha distrutto la speranza di una forza di sinistra non marxista per almeno una generazione. Ma è in quella direzione che bisogna andare. Bisogna risolvere i problemi, non gridare all’untore e minacciare stragi. Bisogna costruire, non distruggere. Bisogna saperlo fare, non vantarsi di esserne incapaci. Perché a distruggere, come dimostrano migliaia di anni di storia, ci pensa poi la guerra, se gli uomini non imparano a gestirsi.

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