Potremmo dire che Giggino Di Maio è un coniglio, perché sa che farebbe una figuraccia da demente in un confronto con Matteo Renzi. Come dice Geppi Cucciari, oggi Di Maio rischia di essere l’unica persona al mondo capace di perdere contro Renzi. Potremmo dire che Nello Musumeci, una volta che Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi (con Micciché regista) si sono messi d’accordo, abbia vinto facile, anche perché l’astensionismo massiccio (oltre la metà dei votanti) lo ha favorito. Potremmo dire che, usando il voto disgiunto, molti elettori del PD hanno votato, come Governatore, il candidato del M5S, il che dimostra che persino nel PD, ben nascoste, ci possano essere ancora persone per bene, stizzite, meste ed appassionate. Potremmo dire che, nonostante questo, il M5S abbia perso, ma potremmo anche dire che tutti gli scandali in cui sono stati coinvolti, di fronte ai legami strutturali con la mafia degli esponenti degli altri partiti, siano sembrati peccati venali. E potremmo dire che anche in Sicilia l’effetto Raggi sia costato più voti di qualunque altra disgrazia, e che comunque il M5S veicoli oggi solo circa un quarto del voto di protesta, forse persino meno. Ma se solo un cittadino su due vota, ecco che i numeri cambiano all’istante. Potremmo dire che, con i numeri disponibili, Musumeci possa governare solo con un accordo tra PD, Forza Italia, LegaNord e Fratelli d’Italia, e potremmo aggiungere che tenersi Angelino Alfano come ministro degli Esteri è come dare una maglia da titolare in nazionale a Mirco Antenucci perché rappresenta il Molise, ha più anni di Cristo da morto e gioca (a volte) nella Spal. Con la differenza che Antenucci parla inglese e francese, Alfano dà il meglio quando tace in italiano. Potremmo dire che attaccare Grasso, Pisapia e Fava perché sarebbero loro i responsabili della sconfitta del PD, è patetico, è un controsenso, è come dire che Antenucci, povero cecio, è il responsabile maggiore dell’eliminazione della Ternana dai giochi per lo scudetto, perché lui la lasciò per andare a giocare al Leeds United: una prova ulteriore che, per il PD, le divergenze di contenuti politici contino nulla, zero, picche quando regna coppe. Potremmo dire che Leoluca Orlando, con la sua insopportabile burbanza ed alterigia, ha stracotto i marroni di chi, come me, ai tempi di Nerone lo accolse come una forza sana della politica palermitana. Ero molto giovane, va detto, e credevo che lui e Fava, solo per essere sopravvissuti agli attentati ai Siciliani ed a Peppino Impastato, avessero le stimmate dei santi. Potremmo dire tutte queste cose, e saremmo (ritengo) pienamente nel giusto, ma non avremmo fatto che mescolarci col giochino gattopardesco che tiene in scacco la Trinacria da 75 anni. Perché il dato peggiore, anche di queste elezioni, che NESSUNO ha uno straccio di programma per risolvere quelli che mi permetto di indicare come i cinque problemi capitali dell’isola più bella del mondo. Uno. La mafia, e la sua incidenza nella vita politica, economica, sociale, privata, psicologica. Due. La crisi endemica del sistema economico, taglieggiato dai pizzi dello Stato e da quelli del crimine organizzato, dalla certezza del sopruso, dalla catastrofe infrastrutturale, burocratica e giuridica. Tre. La crisi ambientale di una terra a vocazione turistica ed agricola che è stata avvelenata dall’edilizia abusiva, dalla costruzione di fabbricati ed opere inutili, brutte, fatiscenti, inquinanti, abbandonate, e quindi la crisi della cura del patrimonio monumentale ed ambientale di una delle regioni più antiche e gloriose del Pianeta. Quattro. La crisi infrastrutturale che, essendo stati rubati i soldi stanziati negli ultimi 75 anni, ha portato al collasso della sanità, dell’istruzione, della logistica, dei collegamenti con il resto del mondo, della voglia di fare, della speranza, della credibilità di chiunque abbia un incarico datogli nda persone che non siano omologhe alla mafia. Cinque. I ragazzi che scappano, perché non hanno futuro. Queste elezioni si sono disinteressate a queste questioni, il governo che nasce dovrà solo incaricarsi di confermare diritti e soprusi acquisiti. Senza accorgersi, senza volersi accorgere del fatto che oggi perfino la mafia, dopo anni di regime assassino dei Corleonesi, è in una crisi strutturale ed apparentemente incurabile. Si dice che la Sicilia sia un laboratorio, e che ciò che accade lì, inevitabilmente, prima o poi diventa la realtà dell’intero Paese. C’è bisogno di aspettare che accada? Ma davvero davvero? Mentre ad Ostia Casapound sfiora il 10% dopo l’endorsement delle famiglie mafiose del litorale (Spada, Fasciani, Casamonica)? Non c’è nulla da fare. Temo che l’italiano medio crederà che siamo nella merda solo quando cadranno le bombe, e darà la colpa alla casta, chiedendo aiuto alla mafia.

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