Aveva cantato “La pioggia” con Gigliola Cinquetti a Sanremo – quella “che non bagna il nostro amore quando il cielo è blu”. Era il 1969, avevo dieci anni, lei era già famosa, ma io non ne sapevo nulla, me ne innamorai senza nemmeno aver capito il nome. Anche perché scomparve come non fosse mai esistita. Poco male, perché a dieci anni mi innamoravo spesso, specie di ragazze magre, sorridenti, ma con gli occhi tristi di paranoia incurabile – come era lei, che portava dei calzettoni lunghi e tutti colorati che mi pareva fossero il massimo del sexy. France Gall, una delle più importanti artiste francesi degli ultimi 70 anni, è morta stamattina, dopo aver combattuto per oltre vent’anni contro il cancro, e dopo una carriera straziata da un destino avverso e terribile. Figlia di un paroliere famoso (che scriveva per Charles Aznavour ed Edith Piaf), era già molto famosa a 16 anni, perché era pulita, solare, semplice, aveva una voce cristallina e le canzoni gliele scriveva Serge Gainsbourg – naturalmente tutte con un sottofondo appena percettibile di perfidia accalappiamitomani. L’industria musicale francese la odiava, per questo, e lei partecipò al Festival dell’Eurovisione per il Lussemburgo, con quella che poi sarà una delle due canzoni più famose del suo repertorio, e vinse l’edizione del 1965. Con la Francia aveva chiuso. Si trasferì in Germania, dove le musiche gliele scriveva il romanziere ed attore Horst Buchholz (un piacione da paura) e le musiche, scusate se è poco, un tale Giorgio Moroder. Oppure scriveva con Vinicus de Moraes, e scusate se è niente… Nel 1976 un nuovo compositore, Michel Berger, la riporta in Francia. I due si amano, lui la convince, ma lei, scottata, non vuole né TV né concorsi canori. Segue le peste di Jacques Brel, presenta i suoi lavori in teatro, il pubblico ne adora il modo appassionato, allegro e profondo di affrontare i problemi di una società in trasformazione e declino. Patricia Kaas inizierà proprio lì dove France Gall era arrivata, elaborando una sorta particolare di blues-jazz francese, nato con Mama Bea Teklielski, che la fa amare dalle grandi artiste americane come Joni Mitchell, Judy Collins, Joan Baez. Nel 1987 il grande ritorno con “Ella elle l’à”, un inno pop dedicato a Ella Fitzgerald, con cui arriva in classifica in oltre 80 paesi (Italia inclusa) e diventa un’artista che può riempire uno stadio. A quel punto lei e Michel Berger, sposati da oltre dieci anni, decidono che sia arrivato il momento di scrivere una pietra miliare, e si ritirano per scrivere IL DISCO della vita. Ma Michel si ammala e muore, a 45 anni d’infarto. Lei si ammala di depressione, poi di cancro. Pochi mesi il loro bambino, la loro figlioletta, si ammala di muscoviscidosi e muore. A quel punto io leggevo la stampa, non ero più innamorato di lei, ma continuavo a seguirla, perché mi pareva l’ultima sopravvissuta di una generazione di musicisti francesi che, negli anni, erano divenuti noiosi, ripetitivi, insopportabili tromboni: Michel Fugain, Michel Polnareff, Sylvie Vartan, Françoise Hardy, Jacques Dutronc. In un’intervista disse: “Ho cantato l’amore per la vita, l’entusiasmo di sentirmi sempre piena di speranza. La vita mi ha tolto tutto ciò che amavo, ne ho piene le scatole di essere famosa. Voglio il mio uomo, la mia bambina, voglio tornare indietro per vivere con un’altra consapevolezza il tempo che abbiamo avuto insieme. Ma non sono una bambina viziata, so accettare ciò che è accaduto. Però non ho nessuna voglia di sfruttarlo, anche involontariamente, per rappresentare pubblicamente il dolore. Il dolore vero è solo tuo, ed il suo simbolo è il pudore. Per questa vita, per me, basta così”. Romperà il silenzio solo nel 2012, per poche settimane, già provata dalla malattia, per portare in scena le canzoni che, insieme a Michel Berger, aveva scritto per quel disco che non venne mai. Lo spettacolo si intitolava: “Resisti”. Ne ho visto delle riprese, piangendo come quasi tutto il pubblico. Dopodiché il pudore ha vinto, fino a stamattina. Niente della Bambola di Cera, con cui aveva vinti a Napoli, nel 1965. Una donna eccezionale, un’artista straordinaria, un’adulta da onorare e da cui imparare tutto.

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