Nel dibattito di ciò che oggi viene erroneamente chiamato “politica”, e che è invece uno strumento burocratico di propaganda, copiato dalle due grandi burocrazie assassine del secolo passato (bolscevismo e nazionalsocialismo), torna in auge la divisione tra Destra e Sinistra, che si credeva sepolta già mille anni fa. La vera divisione tra Destra e Sinistra afferisce a due mutamenti storici, politici, economici e filosofici, di cui la gente non è più consapevole. Semplicisticamente: la Destra crede, la Sinistra sa. Così era in origine. Dopodiché sono arrivate le prime storture: la propaganda socialista, partita dal presupposto progressista di dare a tutti i cittadini stessi diritti e doveri, ma anche simili possibilità di riscatto sociale, ha cominciato a dire che “collettivo” sia meglio che “individuo”. Questa affermazione, per alcuni decenni, ha funzionato. La Rivoluzione Francese e la Dottrina Bismarck, che ne è stata l’adattamento al mondo così come si era profilato dopo il Congresso di Vienna e che aveva visto la trasformazione delle Monarchie medievali in Stati Nazionali, aveva dato una spinta in questa direzione. Tra il 1828 ed il 1990, tutte le ideologie in campo avevano alcuni tratti in comune: consideravano il bene dell’uomo, in base ad un contratto sociale, l’obiettivo finale dell’azione politica. L’essere umano veniva considerato un cittadino, quindi un’unità sociale e consapevole, con una serie di diritti e doveri, in una diuturna dialettica tra il bene del singolo e quello della collettività. Dopodiché, alcune ideologie consideravano il bene del singolo Stato Nazionale come il vero obiettivo, mentre le utopie credevano nella redenzione dell’intera umanità. La lotta delle suffragette per il voto alle donne ed i disordini del 1918 perché venissero accettati i sindacati, sono due battaglie in cui i perdenti, insieme, riescono a muovere la realtà in virtù della propria solidarietà e consapevolezza di gruppo. Ma ciò che andava bene nel 1918, era un disastro già solo dieci anni dopo, perché il risultato di quella vittoria fu la burocratizzazione della gestione delle libertà individuali. La burocratizzazione significa fascismo, nazismo, bolscevismo, tecnocrazia. Il male assoluto (per me), perché sono teorie disumane ad antiumane. Una prova di questo, è che le ideologie collettivizzanti, come il socialismo, il bolscevismo, il nazionalsocialismo, o le dittature tribali, in questi quasi 200 anni sono state tenute in piedi solo con un uso sistematico della violenza – in una situazione in cui era chiaro a tutti che il potere stesse contravvenendo al contratto sociale e che fosse quindi nel torto. La laicizzazione della società, fortemente voluta da tutti i moti filosofici del 17°, 18° e 19° secolo, aveva introdotto tutta una serie di criteri, considerati obiettivi e fortemente condivisi anche da cittadini sottoposti a vessazioni in regimi violenti e senza libertà, che ponevano come obiettivo comune l’idea (o l’utopia) della democrazia – un sistema in cui la maggioranza dei cittadini, in buona fede, cercasse di risolvere i problemi e le contraddizioni create dalla quotidianità e dal convivere di infinite forze centripete ed egoistiche, di modo da mantenere un sistema che garantisse il più possibile la pace, la prosperità, la giustizia, lo sviluppo, la libertà. Un sistema che esigeva dai singoli che acquisissero consapevolezza, che si misurassero con la contraddizione, che accettassero il “peso” dell’esercizio del libero arbitrio. Ma c’erano già allora altre forze in campo. Forze che considerano un determinato gruppo (religioso, razziale, commerciale, industriale, militare) come la vera unità di misura, e l’essere umano come una particella funzionale dei fini di quel gruppo. Le distopie della letteratura, specie quelle orwelliane (Animal Farm, 1984, ma anche Fahrenheit 451 di Ray Bradbury), sonno tutte basate sul trionfo dell’inumano sull’umano, di una funzionalità estranea all’individuo sull’individuo stesso. Infatti, questi autori avevano pensato che queste distopie, per essere realizzate, avrebbero avuto bisogno di forti misure repressive e di una violenza cieca e burocratica, come l’aveva pensata il nazionalsocialismo. Altrimenti la maggioranza della popolazione avrebbe gridato NO. Ma è successa una cosa non prevista. L’essere umano non è più veramente necessario per la produzione. L’ascensore sociale non esiste più. Quindi, chi comanda, non ha più bisogno del consenso, e chi è comandato, ha fame, freddo, paura, e non capisce più il mondo in cui vive. Questo vale anche per persone istruite, che da un lato ripetono che la divisione classica tra Destra e Sinistra sia esausta, e dall’altra cercano di appioppare definizione di quasi-Destra e quasi-Sinistra a cose che non hanno più nulla a che fare con quei presupposti, e contribuiscono in modo pericoloso, sottile e malato all’affermazione di forze nuove che, nel frattempo, con il loro sostegno e grazie alla loro dissennata propaganda tra la popolazione, aumentano la confusione e generano consenso proprio a chi agisce scientemente in modo inumano. Costoro fanno credere alla gente che movimenti come il Grillismo, il Salvinismo, l’Open Society di Soros, il Macronismo, i regimi che stanno crescendo nell’Est europeo, le tecnocrazie come la Svizzera e la Cina, siano di destra o di sinistra. Per giunta, specie coloro che si credono liberali (e che tali non sono, perché credono nel libero mercato che si autoregolamenta, e quindi sono neoconservatori, nemici giurati del liberalismo), regalano alle nuove ideologie una parvenza di semplicità e di prevedibilità in base a schemi completamente falsi, e quindi ne sostengono la parte più violenta, antidemocratica, ignorante, becera, stupida, consolatoria. Per colpa loro, la gente impara che non si possa fare nulla – e loro nulla fanno, tranne scavarsi una nicchia, se possono, nella burocrazia del nuovo potere costituito. Ed in questo modo forniscono materiale a coloro che propalano questa visione falsa e pericolosa. Il Signor Tizio viene dal PD, quindi è di sinistra. Il Signor Caio viene da Forza Italia, quindi è di destra. Invece si tratta solo di persone che volevano sopravvivere o che hanno ottenuto la possibilità di sfruttare le proprie capacità personali in un nuovo sistema, e se ne fregano della propria origine. Credere a queste sciocchezze, come fa il commentatore Antonio Polito, equivale a credere che un calciatore nato a Roma resti sempre tifoso giallorosso e che sia uno scandalo se poi va a giocare al Milan. Mi sono antipatici gli antidemocratici, gli stolti, i fascisti, gli assassini, ma odio soprattutto coloro che si dicono liberali, che usano questa parola senza aver letto Gobetti, ma hanno divorato il Bignami di Von Hayek e Bruno Leoni – e non hanno letto o capito John Locke. Il liberale vuole la difesa dei diritti dell’individuo: esattamente l’opposto delle idee liberiste in economia. Difficile, magari… Ma allora cosa sta succedendo? Sta nascendo un mondo nuovo, globalizzato, in cui ci sono due opzioni: o trovare una soluzione che salvi tutti, con il rischio che muoia il pianeta; o trovare una soluzione che salvi solo pochi eletti, e che, con pragmatismo, convinca gli altri al suicidio – esattamente la teoria lanciata da Tito Tettamanti oramai quasi 30 anni fa con “Quale Europa”. Le persone hanno perduto completamente la coscienza delle relazioni tra causa ed effetto. Sanno che la loro vita, improvvisamente, è divenuta terribilmente insicura. Sanno che non capiscono il perché e non hanno gli elementi per capire, quindi reagiscono con rabbia, con paura, con superstizione, con superficialità. La stragrande maggioranza di loro ha perduto la capacità di imparare, fa fatica a leggere testi più lunghi di un twitter, non ha la concentrazione necessaria per leggere e comprendere testi complessi. Ed il nuovo potere premia costoro, ha creato un’estetica in cui il twitter, il semplicismo, l’ignoranza, siano valori positivi. Oggi, la parola intellettuale, o è assegnata a sproposito, o è considerata un insulto. Oggi si crede, non si sa. E ci si circonda di persone che non ne sanno nulla quanto noi, ma che aderiscono ad una nostra millanteria, sicché nasce un gruppo che regala vicendevolmente una parvenza di credibilità al di là persino delle più pallide sciocchezze empiriche. Una volta si diceva che il personale fosse politico. A ragione, oltretutto. Oggi il politico è personale, una follia suicida ed incontrollabile, che rende impossibile la comunicazione con (e tra) intere generazioni, che oramai hanno superato i 30 anni e credono fideisticamente di aver capito cose di cui non hanno alcuna idea ed accettano la desemantizzazione come rinnovamento. Usano tantissime parole a sproposito, il cui significato originario è andato perso: destra, sinistra, socialismo, comunismo, liberalismo, collettivizzazione, libertà, democrazia, plusvalore, mercato, apologia, estetica, linguaggio, scienza, empirismo, verità. Le parole cambiano di significato ogni qualvolta una maggioranza di persone lo decide, ed in questo modo, con un’abile sfruttamento della superficialità delle masse individualizzate, scompaiono interi campi semantici. Poiché, se oggi “comunista” è uno cui è antipatico Berlusconi, come definire la differenza tra ecologisti, collettivisti, consociativisti, cristiani fondamentalisti, paleocapitalisti? La più grande metafora di questo movimento è raccontata in modo stupendo nella “Never Ending Story” di Michael Ende, che infatti è divenuta un testo di riferimento per la destra arcaica, che considera Atreiu, il giovane che combatte per fermare il NULLA, l’ultimo grande cavaliere della civiltà contro la barbarie. La politica non è più la dialettica tra idee, ma l’intrigo tra galoppini. Per la dialettica delle idee non esistono più sintagmi, né esiste qualcuno che la voglia praticare – e questo con un diffuso consenso popolare. La gente vuole che qualcuno che abbia l’autorità (non l’autorevolezza. Il cui significato si è perso) dica loro che quel poco che credono di sapere sia sufficiente, che non sia necessario affaticarsi maggiormente. Tutto il resto è pigrizia ed ignoranza. Perché devo accettare che il senso della parola “socialista sia cambiato? Come faccio a definire ciò che penso, se mi togliete le parole. Esattamente ciò che Orwell aveva previsto: un mondo fatto di coglioni e di maiali che, lentamente, si assomigliano tra loro, fino a divenire indistinguibili. Ebbene? Non so proprio che fare, se disperarmi, continuare a parlare al vento, o fisicizzare, come già 50 anni fa proponeva Giorgio Gaber.

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