Per la prima volta capisco una parte di “Medioevo prossimo venturo” e di “Morte di Megalopoli” di Roberto Vacca – due saggi di semplificazione del capitalismo proiettato nel futuro, scritti in modo suggestivo e profetico 50 anni fa. Vediamo di cosa parlano: secondo Vacca, in un futuro che allora non osò nemmeno collocare nel tempo, la complessità tecnologica avrebbe creato una generazione di specialisti che non sarebbe stata in grado di coordinare sistemi che convivono gli uni accanto agli altri, si sarebbe persa la capacità di scegliere per priorità, tutto sarebbe collassato alla prima crisi seria, magari procurata da un evento metereologico, con un effetto domino. Parallelamente, il liberismo, un pezzo alla volta, avrebbe cancellato il capitalismo e ci avrebbe proiettato nuovamente nel medioevo, dato che, culturalmente, a causa della velocità dei cambiamenti non ne siamo mai usciti. Non avremmo più creduto alla ragione, ma alla rabbia, alla paura, ad una fede cieca e religiosa. Appunto. Nel 1858 Karl Marx pubblicò i “Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica”, in cui spiegò per la prima volta il concetto di accumulazione precapitalistica – il momento in cui la società (a parte l’aristocrazia e l’esercito) si divide tra chi usa forza lavoro, e chi fa parte della forza lavoro. Questa divisione nasce non secondo un moto spontaneo (come teorizza il liberalismo, allo scopo di farci credere che il capitalismo sia un progresso umanistico) ma in seguito a scelte politiche, violenze e corruttele. A fare i soldi necessari per inventare la borghesia e mettere l’aristocrazia sotto scacco non sono i “migliori”, ma i più scaltri, spregiudicati, violenti ed intriganti, che agiscono in un totale vuoto legislativo, che permette loro di avere una libertà totale – quella che i ricchi di oggi rimpiangono. I poveri, pur di avere un salario, sono disposti a tutto. Non esiste coscienza di classe, ma solo fame, paura, fatica, malattia, bisogno. In solo tre generazioni, la borghesia nasce e si afferma a partire dalla criminalità organizzata e dalla cortigianieria più estrema. Negli anni dell’accumulazione precapitalistica si affermano attività economiche extra-agricole che vanno oltre le logiche locali (nasce la globalizzazione), con strumenti di accumulazione di capitale e un suo uso a scopi di investimento, ma non ci sono le classi – come oggi. Il putting out system (il controllo dell’attività produttiva sparsa nelle campagne da parte di un mercante-imprenditore), le banche, le società per azioni, le assicurazioni, persino la borsa, tutto ciò esisteva prima del capitalismo, nati con la rivoluzione industriale del 18° secolo. La maggiore conseguenza dell’accumulazione precapitalistica è quella di collegare i mercati fra loro, realizzando una progressiva convergenza dei prezzi al dettaglio e favorendo la standardizzazione dei metodi di produzione. Nasce la partita doppia, che per la prima volta permette di calcolare con esattezza guadagni e perdite (sembrerà strano, ma questa si è affermata solo pochi anni prima della Rivoluzione Francese, ed è stata una rivoluzione almeno altrettanto importante). Il sogno di Marx è quello della presa di coscienza del proletariato, della rivoluzione dal basso, della nascita di una nuova coscienza collettiva. Non è andata così, giacché i bolscevichi, che sostenevano di seguire la teoria marxista, erano invece dittatori sanguinari che hanno bloccato per quasi un secolo la Russia, il più grande e ricco (di risorse naturali) Paese del mondo, in una situazione di sviluppo paragonabile a quella del medioevo. Nella lotta tra aristocrazia e borghesia rampante, viene introdotta la dottrina Bismarck, poi il sistema democratico, infine la lotta sindacale. Fino al 1973, l’accordo tra borghesia e proletariato (in Italia: tra la DC ed il PCI), la finzione della Guerra Fredda, il miglioramento costante delle capacità scientifiche e tecnologiche, consentono a sempre più persone, nei Paesi al centro del sistema (Europa occidentale, Nord America e Giappone), di uscire dalla miseria e di uscire persino dalla condizione di proletari. L’errore di Marx è stato di credere che il proletario, scoperti gli inganni, acquisisse una coscienza di classe e si battesse unito. Invece il proletariato, raggiunto il benessere, disprezza i poveri e vuole essere più borghese dei borghesi. Non mi permetto di giudicare, ma solo di osservare che, venendo a mancare la dicotomia, essendo scomparsa l’aristocrazia, la borghesia si è spezzata secondo i dettami di una nuova accumulazione – che ha come fine non la nascita del capitalismo, ma il suo annientamento. Il suo e quello della globalizzazione. Vuole tornare ad essere signore rinascimentale. La fine del capitalismo industriale, col tempo, ha cancellato le leggi sul plusvalore, che, come spiegava Marx, è la base del capitalismo. Ed ecco che siamo tornati all’Europa del 14° secolo – gli Stati Nazionali si sbriciolano, esistono alleanze ampissime che non funzionano più (quello che fu il Sacro Romano Impero ed oggi è l’Unione Europea), invece di creare plusvalore, oggi si accumula ricchezza con la violenza ed il sopruso, creando minusvalore. La grande novità è che ciò sta accadendo con l’acquiescenza, se non addirittura l’approvazione, della stragrande maggioranza della popolazione e dai leader politici ed imprenditoriali. Giambattista Vico sarebbe felice, perché ciò che accada è una dimostrazione a fortiori delle sue teorie. Noi, invece, prepariamoci a soffrire. Non è la fine del mondo, ma solo un suo ritorno a casa. Peccato che ci si viva scomodi, perché noi saremo probabilmente dalla parte sbagliata della divisione tra nuovi nobili e schiavi.

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