Non vado mai al cinema. Ho un disturbo: faccio fatica a distinguere la finzione dalla realtà, le cose che vedo nei film le ricordo come fatti veri, e la violenza nei film (anche psicologica) mi distrugge. Ma Sara Buzzurro mi ha trascinato, tempo fa, a vedere “La pazza gioia”, che parla di tantissime cose che conosco fin troppo bene. Guardandolo, mi sono fatto dei pianti, ho tremato di paura, ho riconosciuto, nella prova delle attrici, sensazioni che hanno condizionato tutta la mia vita. Alla fine ero riconoscente. Ieri, alla premiazione del David di Donatello, il film ha fatto man bassa di premi. Valeria Bruni Tedeschi, che ho avuto la fortuna di conoscere personalmente a Locarno quando io e Mauro Minoletti eravamo ancora belli e leggiadri, è salita sul palco a ringraziare. Non è cambiata per niente, è una delle donne più intelligenti, intense ed affascinanti che io abbia mai incontrato, una rompipalle mitica ed un monumento all’affettività. Incespicava tra parole e lacrime. Dimentichiamo troppo spesso che attrici ed attori di cinema non sono abituati a stare sul palco, di fronte alla gente. Era straordinaria, deliziosa, fragile, snob, tutta “controllo che non c’è”, e quindi superbamente preterintenzionale. Ha fatto piangere tutti. Anche me, nel guardarla su internet. Perché coloro che fingono una vita regolata e normale, i pigri, i paurosi, coloro che sostengono di aver capito e risolto, coloro che affogano nella superficialità e nell’ipocrisia ogni anelito di spontaneità, coloro che hanno da sempre rinunciato alla consapevolezza, coloro che hanno talmente paura della vita da preferire la noia e la solitudine – anche loro, guardando questa ragazzina meravigliosa di oltre 50 anni, avranno sentito, nel cuore del loro cuore, l’urgenza del dolore e della condivisione. Valeria Bruni Tedeschi ha fatto un elenco di persone che ringraziava. Ma non erano importanti i nomi, quanto lo spazio emotivo coperto, la necessità disperata di gratitudine di una follia rimasta troppo tempo da sola. Forse non sapete di cosa parlo. Forse non avete mai avuto un bisogno irrefrenabile, violento, come un urlo selvaggio, di dire grazie. Grazie, perché, non si sa come, ce la stiamo facendo. Grazie. Grazie, grazie. La vita è un’avventura stupenda e terribile. E la follia è l’unico amore perfetto.

Lascia un commento